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Il dibattito sulla Riforma Maroni

Sulle pensioni vinca il buon senso

Il Governo non sacrifichi una riforma sull’altare del consenso. Lo dicono le istituzioni

di Davide Giacalone - 21 febbraio 2007

Anziché riformare le pensioni si finirà con il mandare in pensione il buon senso, assieme all’aritmetica. So che molti si sentono svenire a sentir parlare di scaloni e coefficienti, ma, in fondo, non è così complicato: pur spremendo chi lavora non si possono più pagare le pensioni, i soldi non bastano e si deve diminuire la spesa. La riforma approvata dal centro destra prevede che dal primo gennaio dell’anno prossimo l’età minima pensionabile sarà portata da 57 a 60 anni. Contro questo “scalone” predicano quanti, al governo e nei sindacati, reclamano gradualità. Il provvedimento riguarderà 190 mila persone, e se ci fosse stata gradualità l’età minima sarebbe stata portata a 58 anni nel 2006, a 59 quest’anno ed a 60 nel 2008. Lo scalone ha favorito tre annate. E’ stato un privilegio, non un danno. Una furbata dilatoria, se volete. In quanto ai coefficienti, ovvero al calcolo della rivalutazione sulla base dell’età media, non solo sono un obbligo di legge, ma a quella riforma il governo si è impegnato, in sede europea, per far digerire una finanziaria di tasse senza decremento del debito. Pensare che questa castagna sia tolta dal fuoco dai sindacati è follia, perché essi, oramai, rappresentano più i pensionati che i lavoratori. E’ il governo che sta sprecando un consenso importante. Nelle ultime settimane sono intervenuti: Bini Smaghi, della Banca Centrale Europea, reclamando l’innalzamento dell’età pensionabile; la Commissione Europea, chiedendo di rivedere il sistema pensionistico entro il 2008; la Ragioneria dello Stato, avvertendo che la revisione dei coefficienti è indispensabile; la Corte dei Conti, paventando il collasso del sistema se non si andrà in pensione più tardi; ed il Fondo Monetario Internazionale, ribadendo che l’età va alzata. Per chi sa far di conto, insomma, lo scalone non è troppo, è troppo poco. Il governo potrebbe approfittare di questo coro per trovare forza e fare il necessario, offrendo sgravi fiscali e liberando risorse per la pensione integrativa, unico riparo dalla povertà senile. Invece, come dice il ministro Damiano, “sta compiendo uno sforzo per arrivare ad una posizione unitaria”. Ah, se la leggessero la Costituzione sulla quale giurano! Saprebbero che il governo che si sforza per avere una linea unica già non è più un governo.

www.davidegiacalone.it

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