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Tra referendum e concezioni dello Stato

Sulla Scienza decidano i cittadini

Poiché non esiste una “Scienza unica”, la politica lasci liberi i cittadini di decidere da sé

di Antonio Gesualdi - 09 giugno 2005

Se qualcuno, dopo il referendum sulla fecondazione assistita, verrà ancora a dire che la Scienza deve essere lasciata libera perché è obiettiva rispondete che anche lo Stato deve essere lasciato libero e che il prossimo referendum potrebbe essere sui finanziamenti alla ricerca scientifica. Ma li vedete o no tutti questi scienziati schierati da una parte e dall'altra? E non vi sembra che questo sia il lampante risultato del fatto che la scienza non è che una delle tante delle nostre possibilità di conoscenza? Gli scienziati non sono altro che intellettuali che si muovono e gestiscono potere e relazioni con altri poteri. Dunque le domande, col tono scandalizzato, di alcuni colleghi giornalisti del tipo: "ma allora la politica deve decidere cosa devono fare gli scienziati?" non dovrebbe essere ritenuta affatto provocatoria. Si tratta, in realtà, di una domanda molto stupida. Non la politica, ma i cittadini devono decidere cosa farne della Scienza visto che non esiste una Scienza univoca, obiettiva e uguale per tutti. Tanti scienziati inviterete in un dibattito televisivo e tante versioni diverse avrete.

Se questo lo pensassi solo io, effettivamente, me ne preoccuperei visto il sentimento generale. Ma queste cose le ha scritte e dette un allievo di Popper, Paul Feyerabend, epistemologo di fama mondiale, che è anche più preciso: "è segno - scrive Feyerabend - non solo di follia ma anche di irresponsabilità accettare senza ulteriore esame il giudizio di scienziati e di medici… Le scienze sono merci. Gli scienziati stessi sono venditori di queste merci, non giudici del vero e del falso". Il fatto stesso che su un argomento come quello della fecondazione assistita porti gli scienziati - di tutti gli orientamenti politici e finanziari - a scontrarsi così duramente avvalora tutte le tesi di Feyerabend sulla scienza e soprattutto sugli scienziati.

Dunque cosa fa una società, veramente, liberale secondo Feyerabend? Semplice, i cittadini "devono esaminare se la medicina scientifica meriti l'autorità teorica, l'accesso a fondi pubblici, la protezione della legge, il diritto di mutilare uomini vivi, di cui gode oggi, e se altri metodi di terapia non siano spesso molto migliori e molto più economici, e devono incoraggiare i confronti necessari. Per esempio devono concedere spazio alla ripresa e all'esercizio della medicina tribale, in primo luogo perché ogni uomo ha il diritto di essere curato come desidera e in secondo luogo perché l'appagamento di questi desideri ci procurerebbe informazioni finora inesistenti sull'efficienza della medicina scientifica. I comitati dovranno occuparsi anche della ricerca sul cancro, la quale inghiotte una quantità enorme di fondi, ma non ha condotto finora, a causa dell'unilateralità delle sue strategie di ricerca, a risultati praticamente utilizzabili. Né frasi fatte, come quella della libertà della ricerca e della libertà accademica, né risultati scientifici hanno il diritto di intralciare il lavoro di tali comitati" di cittadini.

Da qui alle nostre drammatizzazioni su San Patrignano oppure sulla cura Di Bella oppure su questo referendum il passo è breve. E su questo, forse, siamo uno dei Paesi più avanzati del mondo. Tutto questo, naturalmente, vale anche per i dogmi della Chiesa cattolica: vanno giudicati dai cittadini. Via uno, via l'altra, resta la sola e maestra via di uscita di cui la nostra tradizione democratica dispone: che i cittadini (anche i più profani della materia) votino e decidano. Sulla "vita" nessuno è più specializzato di altri.

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