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Le scelte che servono alla finanza pubblica

Sui conti è sempre la solita coperta

Da dieci anni si vive di interventi una tantum. Mancano idee, coraggio e un progetto-Paese

di Alessandro Rapisarda - 08 marzo 2007

Alcuni giorni fa, sui maggiori quotidiani nazionali, veniva riportata la dichiarazione del Presidente del Consiglio in merito ai conti dello Stato. Questi, sembrano indicare un migliore livello di salute rispetto all’anno scorso, e per questo si preannuncia una diminuzione della pressione fiscale. Un’ammissione di colpa sull’aumento delle imposte? La risposta è stata un secco no a Radio 24: “Non abbiamo aumentato le imposte, sono aumentati gli introiti perché la gente comincia a pagare. L"Iva, ad esempio, riflette l"andamento dell"economia in modo diretto. Gli evasori cominciano a pagare”. Iva, Irpef, Ire e Irap, le manovre finanziarie degli ultimi 10 anni sono state improntate principalmente a spostamenti di tributi oppure all"aumento o alla diminuzione della pressione fiscale.

Si rilevano quindi, a margine di ogni manovra, solo alcuni aspetti di vera strategia sociale o economica. Cosa ci si può aspettare da una manovra finanziaria se non questo? Nella realtà il nostro legislatore utilizza sempre meno lo strumento legislativo puro per attuare riforme e sempre più, negli ultimi anni, le manovre finanziarie (correttive o meno) per introdurre novità anche non fiscali. La strategia politica di oggi tenta di attirare l’attenzione delle grandi “utenze” elettorali, proclamando sconti a destra e a manca, avendo ben cura però di non andare ad infastidire certi interessi. La parola d’ordine quindi è: facciamo ma non cambiamo. Questa staticità è rilevabile immediatamente nei provvedimenti di natura fiscale o sociale varati dai vari governi. Si tende infatti ad usare ogni volta la stessa coperta corta, come nel caso delle imposte. L’operazione è sempre la stessa presentata in modo diverso, taglia da una parte e aggiungi dall’altra o aggiungi da una parte e taglia dall’altra. Ma senza logica. Nei rari casi in cui i governi si sono cimentati nel perseguire riforme, lo hanno fatto in modo disorganico e utilizzando tecniche legislative ambigue, che hanno disatteso le aspettative politiche ed anzi hanno creato in alcuni casi grosse difficoltà nella loro applicazione ed in altri casi si sono addirittura affossati in sentenze di incostituzionalità.

Questo modus operandi ha influito in modo negativo sul bilancio dello Stato, come nel caso denunciato qualche giorno fa dalla Corte dei Conti, e ha moltiplicato i contenziosi in sede amministrativa, derivanti proprio dall’applicazione di alcune nuove disposizioni introdotte di recente. La storia ci insegna che il miglioramento della società, miglioramento inteso non solo come incremento economico-quantitativo, può essere influenzato solo da riforme radicali, che mirino alla tutela, alla crescita dell’individuo quale elemento costitutivo della società e del nucleo familiare. Gli strumenti utilizzati per le riforme dovrebbero essere caratterizzati da chiare e certe regole, che individuano i valori sociali da salvaguardare e da promuovere. L’intento di queste riforme dovrebbe essere quello di creare nuove certezze sociali, che trascinino il sistema-Paese verso uno sviluppo più trasversale. Per approntare vere riforme la classe politica dovrebbe avere maggiore coraggio: il nostro Paese necessita di scelte serie e non di finte riduzioni di imposta, o di giochi di parole o di trucchi magici.

Un esempio è la riduzione del cuneo fiscale. Cosa intendiamo oggi per cuneo fiscale? Semplicemente la forbice che separa il netto che percepisce il lavoratore dipendente, dal costo del lavoro che sostiene un datore di lavoro. In base a questo, c’è da chiedersi se il piccolo sconto di circa (mediamente) 350,00 euro all’anno per dipendente, riconosciuto dallo Stato con la deduzione Irap, possa essere il migliore strumento utile a ridurre il cuneo fiscale. Questa riflessione va inoltre analizzata rilevando che, da gennaio 2007, ogni dipendente in Italia si è visto maggiorare nella propria busta paga i contributi Inps di 0,30 punti percentuali. Aggiungiamo agli aumenti contributivi anche l’aumento dell’aliquota dell’addizionale comunale, mediamente di 0,3 punti percentuali. Sotto il profilo delle agevolazioni fiscali, il lavoratore dipendente ha visto diminuire le detrazioni per lavoro dipendente (sgravio fiscale), se possessore di prima casa.

Infine le aziende, da gennaio, si sono trovate a subire un aggravio del carico contributivo di 10 punti percentuali per i lavoratori assunti con agevolazioni contributive (vedi apprendistato). Questi soldi recuperati verranno poi riutilizzati per operare grandi riforme degli ammortizzatori sociali? Verranno usati per politiche dedicate allo sviluppo delle nuove famiglie e della natalità? Verranno creati fondi per la nascita di nuove imprese e per il sostegno ad una ricerca più moderna? La politica di questi governi è carente di idee, di coraggio e di una classe dirigente all"altezza delle sfide che ci attendono.

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