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Disoccupazione giovanile

Subito meno tasse per rilanciare il lavoro

Detassare il lavoro under 30 per combattere il nero

di Enrico Cisnetto - 09 dicembre 2012

Mentre la disoccupazione è salita in Europa al livello record dell’11,7% e quella americana è invece scesa al 7,7%, minimo degli ultimi quattro anni – segno anche questo che le diverse politiche economiche che si praticano al di qua e al di là dell’Atlantico danno risultati opposti, e su ciò sarebbe bene riflettere – in Italia c’è un vero e proprio boom di richieste di sussidio per chi ha perso il lavoro (+12,8% su base annua, +47,7% nel solo mese di ottobre) e ancor più di domande di mobilità (cresciute quasi del 70%). Ma ciò che più deve preoccupare, perché è ormai diventato un fenomeno strutturale, è il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), che ha raggiunto il livello storicamente mai toccato del 36,5%, con un picco del 43,2% per le giovani donne del Mezzogiorno.

Dunque, prima che s’inneschino conflitti sociali stile anni Settanta – anche perché la crisi sta fortemente riducendo la capacità delle famiglie di fare da sostituti di welfare – occorre immaginare politiche nuove di grande coraggio. Una l’ha lanciata in tv a “Roma Incontra-Ara Pacis” il presidente dei commercialisti Claudio Siciliotti: detassare totalmente i redditi da lavoro degli under 30. Sono d’accordo. Non solo in termini di principio – cominciare a restituire il maltolto alle generazioni che non hanno generato il debito pubblico ma ora se lo trovano sulle spalle – ma anche sul piano pratico. Infatti, se da un lato la scarsa occupazione degli under 30 non dovrebbe creare conseguenze preoccupanti di caduta di gettito fiscale per effetto di una decisione del genere, dall’altro il guadagno lo si vedrebbe sui consumi e sulla minor durata del ciclo di studi (i ragazzi sarebbero incentivati a studiare più velocemente per avere più di anni di sgravio o comunque a non considerare l’università come un parcheggio). Senza contare, come lo stesso Siciliotti sottolinea, l’effetto anti-sommerso di una simile detassazione.

Altre proposte interessanti vengono dal segretario generale dell’Ocse, Angel Gurrias, con la sua “Global Skills Strategy”, che indica in una riorganizzazione delle istituzioni formative e del mercato del lavoro i mezzi attraverso cui favorire l’inclusione dei giovani nei processi di sviluppo. L’idea è che, specie in momenti come questi, per i giovani l’ingresso nel lavoro meno difficile quanto più scuola e università sono in grado di fornire abilità, conoscenze e competenze che il mercato richiede. Il che dipende dalle strutture di formazione, ma anche dalle scelte di investimento formativo fatte dai ragazzi e dalle loro famiglie. Per questo l’Ocse parla di “tre leve” che la politica può e deve usare: migliorare qualità e quantità degli “skills”; aiutare le persone a fornire gli “skills” necessari al mercato del lavoro; assicurare un utilizzo effettivo degli “skills”. L’obiettivo è quello, in Italia sempre evocato e mai perseguito davvero, di un allineamento tra domanda ed offerta di lavoro.

Le “raccomandazioni” dell’Ocse ai governi si sostanziano in proposte concrete che, nel caso italiano, si attagliano perfettamente sia alla difesa delle abilità che già abbiamo nella struttura produttiva industriale del “made in Italy” – e che rischiamo di disperdere con il passare delle generazioni – sia al miglioramento del terziario strategico (turismo, beni culturali, tutela del territorio).
Già, idee. Ma c’è qualcuno che ci pensa?

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.