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Il pericolo di una rivolta fiscale

Studi di settore ed evasione

Duecentomila euro di giro d'affari e reddito da 10mila. Categorie sul piede di guerra

di Alessandro D'Amato - 20 giugno 2007

Un giro d"affari pari a quasi 200mila euro, e tasse sul reddito da 10mila. I dati ufficiali sugli studi di settore del 2005 per i lavoratori autonomi sono sintomatici di una realtà davvero impressionante, anche perché sono un totale di milione e 407 mila. Ovvero il 53,8% delle piccole imprese. I numeri, presentati mentre nel Paese monta la protesta fiscale, descrivono un"Italia divisa in due. Ma non tra Nord e Sud. Bensì divisa all"interno delle stesse categorie. Imprese e lavoratori con caratteristiche identiche (per dimensione, tipologia, strumenti) dichiarano all"erario due realtà diverse. Ci sono i "congrui": 1.030.825 contribuenti che denunciano al fisco quanto questo si aspetta in base agli studi di settore, un reddito da 45,8%. A loro si contrappongono 1.407.845 "non congrui" (il 53,8%) che sono fuori linea rispetto agli indicatori del fisco. La protesta riguarda proprio i nuovi indicatori, quelli che mostrano le irrazionalità tra le poste dei contribuenti. Che sono stati introdotti perché dalle serie storiche è emerso che, durante la stagione dei condoni, mentre i ricavi rimanevano stabili, i redditi dichiarati precipitavano. I costi compensavano i ricavi, riducendo così il reddito dichiarato e le tasse da pagare. I magazzini si sono gonfiati. le scorte di macellai, pescivendoli e pasticceri in alcuni casi hanno iniziato ad avere una giacenza di oltre sei mesi. O dentisti con protesi dentarie in cassetto anche oltre i 5 anni. Ci sono poi i beni strumentali. In oltre 100.000 - è stato calcolato - hanno scontato nel 2005 ammortamenti senza poi dichiarare i relativi beni: accade per 3.329 ristoranti senza cucine o tavolini, per 137 tassisti senza taxi (ma che però scontano i relativi ammortamenti), per 360 laboratori di analisi senza strumenti, per 555 lavanderie senza lavatrici. Ma il fisco guarda anche al "valore aggiunto" per addetto, cioé alla ricchezza prodotta da ogni dipendente: questo valore è negativo (in pratica pagano un dipendente che non produce ma brucia ricchezza) per 15.865 immobiliari, per 4.607 commercianti di abito o calzature, per 3.449 bar caffé e gelateria, per 1015 barbieri e parrucchieri.

Il presidente della Confesercenti, il diessino Marco Venturi, dice degli studi: "Noi non intendiamo subire in silenzio. Il sentimento è quello della "diserzione" di massa e noi non saremo in vacanza". Il vice-ministro per l"Economia Vincenzo Visco ribatte. Prima morbido: "nessun automatismo nell"applicazione degli studi bensì l"utilizzo di tutte le garanzie possibili". Poi un po" più deciso: "é evidente che c"é una robustissima evasione anche se la non congruità potrà essere spiegata in casi specifici". Le altre categorie di settore chiedono però che si rivedano alcune parti normative. "In questo momento gli studi di settore - ha detto il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli - come sono adesso non rispettano i principi di equità e di soggettività e sono stati fatti in fretta e furia. Siamo determinati a ottenere un cambiamento". E le Confcommercio regionali del Veneto, Friuli e Trentino si sono alleate per la raccolta di firme contro le regole attuali. Martedì prossimo l"Aula del Senato discuterà e voterà la mozione presentata ad Forza Italia che chiede di modificare il quadro normativo attuale. La maggioranza si è detta comunque pronta ad apportare alcune modifiche. "Vi sono stati certamente degli errori che possono essere superati - ha detto Giovanni Russo Spena, presidente dei senatori di Rifondazione comunista -. Anche l"Unione presenterà delle mozioni con cui correggeremo gli errori fatti, coinvolgendo come è giusto che sia anche le categorie, ma eviteremo che sia una copertura all"evasione".

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