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Adesso anche il caso di suicidio di Adamo Bove

Storia sempre più oscura e pericolosa

In realtà, l’Italia è stata inondata da un fiume d’intercettazioni telefoniche contro tutti

di Davide Giacalone - 24 luglio 2006

Può darsi che Adamo Bove avesse personali ragioni per buttarsi giù da un ponte, ma il suo suicidio è troppo inscritto nell’ambito di una storia oscura e pericolosa, forse la più rilevante di questi giorni italiani, per potersi accontentare di una depressione. Un uomo che ha vissuto in prima linea la battaglia contro le cosche, che si è trovato prima a capo della sicurezza di Tim e poi dell’intera Telecom Italia, non sembra essere il soggetto più adatto alle depressioni da fanciullina abbandonata.
I fatti sono questi: a. in Telecom Italia ha attecchito una forte devianza nell’abitudine di ascoltare le telefonate altrui e nel creare una banca dati per archiviare le intercettazioni; b. a coordinare le operazioni era Giuliano Tavaroli, ex capo della sicurezza Pirelli, poi gran capo della sicurezza Telecom, uomo di fiducia di Tronchetti Provera che tale fiducia non gli ha mai revocato; c. a questo punto, delle due l’una: o Tavaroli ha violato delle leggi, in accordo con i suoi dante causa, o non lo ha fatto, rimanendo vittima d’altri funzionari infedeli; d. mettiamo (anche per inguaribile garantismo) che sia vera la seconda cosa, ne deriva che un centro occulto ha coordinato un’efficiente rete criminale; e. la sicurezza Telecom aveva legami con aziende private d’investigazione, che pagava all’estero, e rapporti personali con soggetti dei servizi segreti. A questi fatti si aggiunge quello che l’Italia è stata inondata da un fiume d’intercettazioni telefoniche, e che il fiume è sfociato in un lago dal fondo limaccioso, dove galleggiano operazioni di polizia internazionale e rapporti fra servizi segreti alleati che segreti dovrebbero restare, e, invece, sono anche questi oggetto d’intercettazioni.
Fin qui Bove non solo non era indagato, ma sembra sia stato fra i più importanti collaboratori dell’inchiesta che ha fatto emergere gli inquietanti fatti. Può darsi che avesse i nervi di carta e la tensione gli abbia suggerito il suicidio, ma è più facile immaginare che si sia trovato in mezzo ad uno scontro di cui non era in grado di controllare le forze e gli esiti. Della faccenda, naturalmente, si occupa la magistratura. Ma nel Grande Intrigo di Telecom sono davvero tante le cose che, in un Paese normale, suggerirebbero l’urgenza di una commissione d’inchiesta.

www.davidegiacalone.it

Pubblicato su Libero del 24 luglio 2006

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