Dibattito sterile su un’economia al palo
Stagnazione: la guerra dei centesimi
Governi a caccia di pozioni magiche per una ripresa impossibile senza vere riformedi Paolo Bozzacchi - 13 marzo 2006
Crescita, questa sconosciuta. Dai comizi elettorali si odono note assai diverse sulla musica presente e futura prodotta dall’economia italiana. Ma la sonorità che stona sempre di più alle orecchie (e alle tasche) degli italiani, è quella che si ostina a trasmettere i concetti di crescita e ripresa.
Nella sua rubrica su Radio Radicale, Fiorella Kostoris Padoa Schioppa ha scorporato i dati definitivi relativi al pil 2005, notando come la stagnazione dello scorso anno (e non crescita zero che potrebbe essere fuorviante), sarebbe sconfinata facilmente in territorio negativo, se le aziende non avessero deciso di produrre quantitativi tali da aumentare notevolmente le proprie scorte. I consumi finali, di fatto, sono rimasti fermi, mentre i magazzini delle grandi imprese si sono riempiti anche oltre i limiti fissati dai consulenti aziendali.
L’analisi è avvalorata dal Centro Studi Confindustria, che segnala come nei primi mesi del 2006 gli ordini stanno crescendo, ma la produzione rimane al momento ferma, proprio perché si stanno tentando di smaltire le scorte eccessive accantonate. Il gioco dei due studi, quindi, risulta a somma zero, e le notizie per l’economia italiana non sono certo rincuoranti. Dai palchi dei comizi, nessuno si azzarda a parlare di declino, perché il concetto spaventa gli elettori e li porta, secondo i guru della comunicazione, più verso l’astensione che verso l’impegno politico. Ma la stagnazione pluriennale esiste, e tentare di sfruttare a proprio vantaggio elettorale qualche decimale o centesimo di punto – pur di trovare forzatamente l’ago nel pagliaio – potrebbe rivelarsi anche un clamoroso autogol.
Lo ha dimostrato il governo, rimasto appeso per mesi alla previsione per il 2005, che prometteva un decimo di punto di crescita pil, e che puntualmente è stata smentita dai recenti dati Istat. Guai grossi per la maggioranza, quindi, che non ha potuto spendere la parola magica (crescita, appunto), e si è dovuta accontentare di sottolineare con forza ancora maggiore i danni economici provocati dalle “sinistre” (Berlusconi dixit).
Senza una politica industriale bipartisan degna di tale nome e riforme vere, per le quali si è tenuto conto in anticipo della copertura finanziaria, il declino potrebbe anche trasformarsi in decadenza. Il resto sono solamente briciole. E come tali vanno trattate.
Nella sua rubrica su Radio Radicale, Fiorella Kostoris Padoa Schioppa ha scorporato i dati definitivi relativi al pil 2005, notando come la stagnazione dello scorso anno (e non crescita zero che potrebbe essere fuorviante), sarebbe sconfinata facilmente in territorio negativo, se le aziende non avessero deciso di produrre quantitativi tali da aumentare notevolmente le proprie scorte. I consumi finali, di fatto, sono rimasti fermi, mentre i magazzini delle grandi imprese si sono riempiti anche oltre i limiti fissati dai consulenti aziendali.
L’analisi è avvalorata dal Centro Studi Confindustria, che segnala come nei primi mesi del 2006 gli ordini stanno crescendo, ma la produzione rimane al momento ferma, proprio perché si stanno tentando di smaltire le scorte eccessive accantonate. Il gioco dei due studi, quindi, risulta a somma zero, e le notizie per l’economia italiana non sono certo rincuoranti. Dai palchi dei comizi, nessuno si azzarda a parlare di declino, perché il concetto spaventa gli elettori e li porta, secondo i guru della comunicazione, più verso l’astensione che verso l’impegno politico. Ma la stagnazione pluriennale esiste, e tentare di sfruttare a proprio vantaggio elettorale qualche decimale o centesimo di punto – pur di trovare forzatamente l’ago nel pagliaio – potrebbe rivelarsi anche un clamoroso autogol.
Lo ha dimostrato il governo, rimasto appeso per mesi alla previsione per il 2005, che prometteva un decimo di punto di crescita pil, e che puntualmente è stata smentita dai recenti dati Istat. Guai grossi per la maggioranza, quindi, che non ha potuto spendere la parola magica (crescita, appunto), e si è dovuta accontentare di sottolineare con forza ancora maggiore i danni economici provocati dalle “sinistre” (Berlusconi dixit).
Senza una politica industriale bipartisan degna di tale nome e riforme vere, per le quali si è tenuto conto in anticipo della copertura finanziaria, il declino potrebbe anche trasformarsi in decadenza. Il resto sono solamente briciole. E come tali vanno trattate.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.