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Qualcosa è cambiato

Spread giù

La vera novità arriva dalla liquidità immessa dalla Bce

di Enrico Cisnetto - 29 gennaio 2012

Il 9 novembre scorso lo spread tra Btp e Bund decennali aveva raggiunto il record storico di 575 punti base portando il rendimento fino al 7,48%, anche se poi aveva chiuso a 552 punti al 7,25%. In quello stesso “mercoledì nero” anche i Cds, cioè i contratti derivati con cui ci si protegge dal rischio default, volavano al livello massimo di 536 punti. In quel frangente persino i titoli a breve scadenza avevano invertito la logica curva dei rendimenti e pagavano di più, a segnalare pericolo imminente di default. E ancora: il 30 dicembre, solo un mese fa, il differenziale tra i decennali italiani e quelli spagnoli faceva registrare il nuovo massimo di 195 punti (7,06% contro 5,11% i rendimenti).

Adesso sono passate solo poche settimane, nel frattempo le società di rating ci hanno pure declassato (S&P per la prima volta dal dopoguerra ci ha messo nella fascia B), eppure lo scenario è completamente cambiato: il maledetto spread è tornato sotto quota 400 (venerdì ha chiuso a 404 ma dopo essere sceso fino a 396,2), e il rendimento a 10 anni è di nuovo sotto il 6%. La Spagna rimane avvantaggiata, ma lo scarto si è ridotto a meno di 100 punti. Certo se andiamo ad un anno fa, vediamo che il 2 febbraio 2011 si era toccato il punto più basso della curva del differenziale con i titoli tedeschi, a 127,7 punti. Ancora il 1° luglio la differenza era di 183 punti, divenuti però, nel giro di 35 giorni (il 4 agosto) 389,45, salendo alla media di 8,25 al giorno. Inoltre occorre tener conto della fortissima volatilità del mercato, se è vero che nei 72 giorni di governo Monti, il record negativo è stato di 528,57 il giorno del suo insediamento, e quello positivo di 368 il 6 dicembre, cioè con uno scarto di oltre 160 punti in tre settimane.

Questo per dire che occorre molta cautela quando si analizza l’andamento dello spread. Per esempio, la Francia aveva toccato il record di oltre 200 punti di differenziale con i decennali tedeschi quando ancora aveva la tripla A di rating, mentre ora che è stata declassata viaggia poco sopra i cento (117 venerdì). Tuttavia, la sensazione che qualcosa sia cambiato è netta. Perché? Escludendo l’ipotesi che i mercati siano diventati più saggi – a modo loro, in fondo lo sono – e tantomeno che la speculazione abbia mollato la presa – proprio venerdì lo spread portoghese ha superato per la prima volta nella storia i 1300 punti, a riprova che quella pistola è sempre carica – la spiegazione che si può dare di questa nuova tendenza è una sola: la liquidità immessa nel sistema dalla Bce. Se ci pensate bene, è l’unica vera novità che nel frattempo si è prodotta nello statico scenario europeo, fatto di vertici inutili e di dichiarazioni d’intenti tanto roboanti quanto vuote. Il merito va tutto a Mario Draghi, che con molto più coraggio e decisionismo del predecessore ha svolto una funzione di supplenza di leader politici che non riescono a sbrogliare la matassa della crisi dell’eurosistema.

Mi ha colpito che abbia usato l’espressione “sappiamo per certo” di aver evitato un enorme credit crunch, come a dire che davvero l’Europa della moneta unica era già con un piede nella fossa. Mentre ora “le banche hanno più capitale, meno debito e una gestione del rischio più efficace”. Gliene va dato merito, a “super Mario”. Ma non basta. Il disegno speculativo di far saltare l’euro è ancora in atto, e ora tocca ai governi.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.