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La fotografia di una tragedia interreligiosa

Sotto gli occhi una scena avvilente

Intanto, la politica italiana ondeggia, giochicchia e non sa che decisioni prendere

di Davide Giacalone - 21 luglio 2006

In uno scatto di morte si è fotografata la realtà, osservatela e capirete quel che le chiacchiere perse della politica offuscano. Due bambini arabi abitano in Israele, come tanti altri arabi, in pace. Vivono a Nazareth, città sacra ai cristiani, e giocano a palla, in una strada intitolata a Paolo VI. Muoiono, Mahmoud Abed Taluni ed il fratello Rabia, 7 e 3 anni, spappolati da un razzo lanciato da Hezbollah. Un razzo che ha colpito Israele, colpendo Nazareth, uccidendo bambini mussulmani. Quel razzo è stato lanciato contro la civiltà, ora il punto di lancio deve essere annientato. Nemer Hammad, per anni rappresentante dell’Olp in Italia, oggi consigliere di Abu Mazen, ci dice che la causa palestinese viene strumentalizzata dai fondamentalisti islamici. Fuad Sinora, capo del governo libanese, chiede aiuto al mondo per disarmare Hezbollah. E da noi una politica imbelle cincischia sulla proporzionalità della reazione israeliana, si dice equivicina ai mercenari fanatici e ad una grande democrazia, giochicchia a far l’imitazione del decaduto cinismo francese, voltando le spalle a popoli che aspirano alla pace ed alla sicurezza, per mantenere aperto il dialogo con i mandanti della guerra, iraniani e siriani. Questo abbiamo sotto gli occhi. Un tempo, in anni lontani, era possibile trovare bambini ebrei giocare per le strade di paesi mussulmani, mentre era difficile vederli in certi paesi cristiani. Non era la religione cristiana a chiedere la persecuzione degli ebrei, non è quella mussulmana a chiedere la guerra ad Israele, erano e sono ragioni politiche e di potenza, cui non si possono contrapporre i giochi di parole, masi deve usare la forza perché a prevalere sia la convivenza pacifica e rispettosa. La forza può essere anche diplomatica, non richiede necessariamente l’uso delle armi. Ma perché sia forte la diplomazia, perché non ci si condanni alle armi, occorre che le parole siano chiare e le promesse,come le minacce, non siano tradite. Continuiamo a far finta di non sentire gli iraniani programmare la cancellazione d’Israele, e facciamo ancora finta di non vedere la loro corsa all’atomica, così ci ridurremo ad una guerra devastante. Ma questo non importa ad una politica che conta i voti per l’Afghanistan, con ciò stesso rassicurando i nemici della civiltà.

www.davidegiacalone.it

Pubblicato su Libero del 21 luglio 2006

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