Lettera aperta al direttore del Corriere della Sera
"Sono deluso da questo Governo"
Giorgio La Malfa29 settembre 2009
Pubblichiamo la lettera aperta inviata al direttore del Corriere della Sera da Giorgio La Malfa, Deputato del gruppo misto (Componente Repubblicani regionalisti popolari)
Caro direttore,
Lo scorso 4 settembre ho inviato al Presidente Berlusconi una lunga lettera per illustrare le ragioni del mio disagio nei confronti soprattutto della politica economica del Governo tanto più in questa difficile crisi mondiale. Proprio la politica economica era stata , all’indomani dell’ingresso dell’Italia nell’euro, uno dei motivi determinanti che mi indussero a proporre al PRI di lasciare la coalizione di centrosinistra e di entrare nella coalizione guidata da Berlusconi. L’ingresso nell’euro rendeva indispensabile e urgente una profonda svolta nella politica economica italiana perché con l’euro non sarebbe stato più possibile tutelare la competitività industriale del Paese attraverso periodiche svalutazioni del cambio della lira con cui si coprivano le nostre debolezze strutturali.
Le due linee portanti del programma del centrodestra erano la riduzione della pressione fiscale e le liberalizzazioni . Viste le dimensioni del debito pubblico la riduzione delle imposte presupponeva una decisa riduzione della spesa corrente ed in particolare una contrazione dell’area delle amministrazioni pubbliche che soffocano le capacità di azione dei cittadini.
Invece tra il 2001 ed il 2006 non vi è stata alcuna riduzione della spesa pubblica corrente ; la pressione fiscale è rimasta quella che era ; il progetto di liberalizzazioni che avevo sottoposto al Consiglio dei ministri come responsabile del progetto Lisbona, venne accantonato nel 2006.
Ancora più deludente il bilancio di questo primo anno e mezzo di legislatura. Accantonato ogni progetto ambizioso di riordino della Pubblica Amministrazione (compresa l’abolizione delle Province) per ridurre la spesa corrente e quindi ridurre la pressione fiscale, il Governo ha finito per limitarsi ad una politica del giorno per giorno. Ma questo non ci garantisce affatto l’aggancio alla ripresa mondiale quando avverrà perché comunque l’Italia non è sufficientemente competitiva.
Non abbiamo condiviso né condividiamo la riforma federalista dello Stato dalla quale scaturiranno inevitabilmente, per il modo con cui essa è stata articolata, nuovi oneri per la finanza pubblica. In mancanza di una vera riorganizzazione di tutta la macchina politico-amministrativa, la promessa di devolvere al centro-nord maggiori risorse fiscali insieme alla necessità di garantire al sud le risorse di cui gode attualmente promesse porterà sicuramente ad un aumento del deficit o della pressione fiscale.
Su un piano più politico ho molti dubbi su vari aspetti della politica estera, mentre una lunga serie di errori sta mettendo in crisi quel delicato equilibrio fra lo Stato laico e la Chiesa cattolica che fu uno dei frutti migliori della collaborazione fra DC e partiti laici nel dopoguerra.
Il tempo entro il quale l’Italia deve cambiare strada si sta facendo sempre più breve. Il mondo non attende le nostre pigrizie e le nostre esitazioni. Nuovi paesi si affacciano sul mercato e gli spazi per l’Italia tendono a ridursi perché le imprese hanno costi, tra cui quelli fiscali, troppo elevati. La scuola e l’Università, da cui nasce l’innovazione, versano in condizioni disperate. Il sistema pensionistico richiede, per essere sostenibile, un allungamento dell’età pensionabile. La Pubblica Amministrazione è insopportabilmente estesa e costosa.
Ecco perché sono giunto alla conclusione che per noi una fase si è chiusa ed è necessario aprire una riflessione sul modo nel quale realizzare nel Paese la svolta politica indispensabile per fermare il declino italiano che dura da quindici anni e preparare un degno futuro per i nostri giovani. Mi creda
Giorgio La Malfa, Deputato del gruppo misto (Componente Repubblicani regionalisti popolari)
Caro direttore,
Lo scorso 4 settembre ho inviato al Presidente Berlusconi una lunga lettera per illustrare le ragioni del mio disagio nei confronti soprattutto della politica economica del Governo tanto più in questa difficile crisi mondiale. Proprio la politica economica era stata , all’indomani dell’ingresso dell’Italia nell’euro, uno dei motivi determinanti che mi indussero a proporre al PRI di lasciare la coalizione di centrosinistra e di entrare nella coalizione guidata da Berlusconi. L’ingresso nell’euro rendeva indispensabile e urgente una profonda svolta nella politica economica italiana perché con l’euro non sarebbe stato più possibile tutelare la competitività industriale del Paese attraverso periodiche svalutazioni del cambio della lira con cui si coprivano le nostre debolezze strutturali.
Le due linee portanti del programma del centrodestra erano la riduzione della pressione fiscale e le liberalizzazioni . Viste le dimensioni del debito pubblico la riduzione delle imposte presupponeva una decisa riduzione della spesa corrente ed in particolare una contrazione dell’area delle amministrazioni pubbliche che soffocano le capacità di azione dei cittadini.
Invece tra il 2001 ed il 2006 non vi è stata alcuna riduzione della spesa pubblica corrente ; la pressione fiscale è rimasta quella che era ; il progetto di liberalizzazioni che avevo sottoposto al Consiglio dei ministri come responsabile del progetto Lisbona, venne accantonato nel 2006.
Ancora più deludente il bilancio di questo primo anno e mezzo di legislatura. Accantonato ogni progetto ambizioso di riordino della Pubblica Amministrazione (compresa l’abolizione delle Province) per ridurre la spesa corrente e quindi ridurre la pressione fiscale, il Governo ha finito per limitarsi ad una politica del giorno per giorno. Ma questo non ci garantisce affatto l’aggancio alla ripresa mondiale quando avverrà perché comunque l’Italia non è sufficientemente competitiva.
Non abbiamo condiviso né condividiamo la riforma federalista dello Stato dalla quale scaturiranno inevitabilmente, per il modo con cui essa è stata articolata, nuovi oneri per la finanza pubblica. In mancanza di una vera riorganizzazione di tutta la macchina politico-amministrativa, la promessa di devolvere al centro-nord maggiori risorse fiscali insieme alla necessità di garantire al sud le risorse di cui gode attualmente promesse porterà sicuramente ad un aumento del deficit o della pressione fiscale.
Su un piano più politico ho molti dubbi su vari aspetti della politica estera, mentre una lunga serie di errori sta mettendo in crisi quel delicato equilibrio fra lo Stato laico e la Chiesa cattolica che fu uno dei frutti migliori della collaborazione fra DC e partiti laici nel dopoguerra.
Il tempo entro il quale l’Italia deve cambiare strada si sta facendo sempre più breve. Il mondo non attende le nostre pigrizie e le nostre esitazioni. Nuovi paesi si affacciano sul mercato e gli spazi per l’Italia tendono a ridursi perché le imprese hanno costi, tra cui quelli fiscali, troppo elevati. La scuola e l’Università, da cui nasce l’innovazione, versano in condizioni disperate. Il sistema pensionistico richiede, per essere sostenibile, un allungamento dell’età pensionabile. La Pubblica Amministrazione è insopportabilmente estesa e costosa.
Ecco perché sono giunto alla conclusione che per noi una fase si è chiusa ed è necessario aprire una riflessione sul modo nel quale realizzare nel Paese la svolta politica indispensabile per fermare il declino italiano che dura da quindici anni e preparare un degno futuro per i nostri giovani. Mi creda
Giorgio La Malfa, Deputato del gruppo misto (Componente Repubblicani regionalisti popolari)
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.