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Public Policy

I minuetti all’italiana delle mezze verità

Situazione seria ma non grave?

Non saranno i messaggi di ottimismo ad esorcizzare il peggio

di Elio Di Caprio - 09 marzo 2009

Se la situazione non è grave, come dice Silvio Berlusconi, è almeno seria. O neanche questo? I minuetti all’italiana tra il detto e il non detto, tra tattiche di corto raggio e suggestioni propagandistiche avrebbero dovuto diminuire e non aumentare grazie al messaggio che il “fare” conta più del dire. E invece tocca a noi tutti raccapezzarci su cosa vuol dire il Capo del Governo quando, dopo mesi, si dice preoccupato della crisi finanziaria internazionale o quando proclama che almeno per l’Italia le conseguenze non sono così catastrofiche come vuol far intendere la propaganda anti-Silvio. Se Giulio Tremonti dice con linguaggio aulico che siamo in “terra incognita”, cioè sconosciuta - e ormai lo dice da mesi- logica vorrebbe che possiamo aspettarci di tutto, nulla è escluso. E invece no.

Continua la rincorsa dei mass media a quale è il vero pensiero-oracolo del Cavaliere. Ha forse lui solo informazioni privilegiate e previsioni rassicuranti che sfuggono ai più, compreso il suo Ministro dell’Economia? E gli altri, quelli che magari per ragionamento diverso, anche all’interno della sua maggioranza, pensano l’opposto e non lo dicono, sono tutti da condannare come irresponsabili?
Nel gioco delle parti l’indomito Tremonti appare come l’umile apostolo che poi si rimette sempre al pensiero superiore del capo, anzi ne loda la perspicacia ad aver capito prima e meglio degli altri leaders europei cosa bisogna fare per parare i colpi più duri della crisi in atto. A questo punto non sai se ai tanti vertici internazionali sulla crisi Berlusconi sia in grado veramente di tirar fuori un suo colpo d’ala originale e geniale che meraviglia i tanti sprovveduti colleghi o se sia semplicemente capace di estrinsecare in maniera più brillante ciò che gli suggerisce il suo Ministro dell’Economia.

A chi dobbiamo le continue ed affannose misure alla Roosvelt per contenere la crisi, alcune di imminente realizzazione, in cui è lo Stato ad assumersi un ruolo interventista prima sconosciuto? Dobbiamo a Tremonti o a Berlusconi il controllo dell’erogazione del credito da parte dei prefetti? A che serve proclamare che bisogna punire i banchieri colpevoli e poi ammettere che salvare le banche è indispensabile?

E’ un minuetto che intristisce e non rallegra se appena si allarga lo sguardo dal cortile italiano a quanto sta effettivamente accadendo e può accadere in Europa e negli USA. Dipingere a tinte fosche il futuro che ci attende potrebbe addirittura avvantaggiare il duo Berlusconi-Tremonti se fossero in grado di dimostrare che grazie alle loro misure l’Italia uscirà meno colpita dalle turbolenze finanziarie. Prima o poi qualche sondaggio suggerirà se vale la pena cambiar rotta nei messaggi diretti alla popolazione, accentuando o riducendo l’allarme generale.

Non sfugge a nessuno che comunque vada a finire la crisi finanziaria ed economica bisognerà fare i conti con il dopo, con realtà profondamente riassestate e mutate che potranno riguardare anche i nostri costumi e stili di vita, al di là degli ottimismi o dei pessimismi di maniera, delle fiducie e delle sfiducie. Nella “terra incognita” cara a Tremonti una cosa è certa: l’economia degli Stati Uniti resta e resterà- non si sa per quanto tempo ancora- l’elemento imprescindibile che condizionerà il nostro futuro. E’ negli USA che la caduta della Borsa ha ancora una volta innescato la caduta di tutte le altre Borse mondiali, è lì che il disavanzo pubblico è già arrivato già al 12% e rimarrà per i prossimi dieci anni tra il 7 e il 9% allontanando sempre più il ritorno ordinato ad un’economia di piena occupazione. Il Presidente Barack Obama si troverà ad affrontare quello che per noi, su scala ovviamente ridotta, è stato ed è il principale handicap che ci portiamo dietro da 20 anni: come far crescere l’economia più del debito. Con la differenza che gli USA non sono l’Italia e l’andamento dell’economia americana influenzerà tutto il mondo.

Secondo le aspettative di gran parte degli economisti gli americani saranno costretti ad aumentare la loro base monetaria e a produrre inflazione se vogliono rientrare dal loro enorme deficit. Gli effetti si sentiranno e colpiranno l’ Europa e l’ Italia. La crisi è così poco passeggera che costringerà tutti a fare i conti con le sue conseguenze a lungo termine. E’ questo il messaggio realistico e vero che ci dovrebbe dare chi ci governa. E invece continuiamo a consolarci di avere un sistema bancario più solido e un debito privato limitato che ci consentono di guardare con sufficienza gli altri Paesi messi peggio di noi.

Nessuno pensa al destino del nostro debito pubblico e agli allarmi per la solvibilità del nostro Paese in tempi di dura recessione. Ammettere che le nostre deficienze strutturali e competitive richiederanno uno sforzo in più al momento della ripresa non è seminare inutile pessimismo. Anzi dire la verità forse consentirebbe un domani di richiedere a tutti un contributo straordinario per tenere a galla la barca comune.

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