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Gli anelli della catena del sistema innovazione

Sistemi a rete: la strategia vincente

Il “Sistema Italia” per la Ricerca, l’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico

di Cinzia Giachetti* - 23 gennaio 2008

Il Sistema Innovazione Gli anelli che compongono la catena del sistema innovazione e trasferimento dei risultati della ricerca sono molti e il corretto scorrimento della catena al loro interno dipende da molti fattori esterni. Intanto gli anelli chiave sono 2 e se vogliamo collocarli pensando a quanto distanti sono tra loro mondo della ricerca e mondo produttivo, dobbiamo metterli ai vertici opposti della catena. Quando il sistema innovazione funziona questi 2 anelli si chiudono a cintura e si ottengono successi ma con diversi modelli organizzativi: o il mondo della ricerca collabora direttamente con l’impresa, supportato da una pubblica amministrazione efficiente (esempi esistono in Francia, Germania e Svezia); oppure si verificano altri casi in cui la trasformazione da pubblico a privato di università e i centri di ricerca ha favorito la nascita di collaborazione attiva con le imprese (casi di successo esistono in Gran Bretagna e USA). In Italia esistono diversi modelli operativi, senza un coordinamento o una politica unitaria dei governi, e che vedono coinvolte le singole università, i politecnici, l’ENEA, il CNR come anche altre organizzazioni, come Consorzi misti pubblico-privati, i Parchi Scientifici, i Poli Tecnologici e i Distretti Industriali e, di recente costituzione, i Distretti Tecnologici.

Modelli di interazione tra ricerca e impresa
Negli ultimi 20 anni si è assistito alla nascita di programmi e politiche per lo sviluppo dell’innovazione, basati su diversi modelli di interazione tra mondo della ricerca e mondo delle imprese, allo scopo di superare le difficoltà di interazione tra questi due mondi. Tali strutture, definite “ponte” hanno cercato di studiare e identificare modelli organizzativi nuovi che potessero facilitare la collaborazione tra questi 2 sottoinsiemi che parlano 2 linguaggi completamente diversi. Questi centri, alcuni supportati da fondi pubblici, altri a carattere più imprenditoriale, sono entrati nella “catena” del sistema innovazione e, a vario titolo, hanno agito sul processo di innovazione riportando successi o insuccessi. Hanno avuto successo quelle organizzazioni, parchi scientifici e consorzi misti pubblico-privati, che hanno saputo ben “radicarsi” non solo sul proprio territorio, instaurando collaborazioni con le Istituzioni di ricerca, le imprese e la pubblica amministrazione, ma anche a livello nazionale e internazionale, collegando le iniziative locali ad altre nazionali od europee e viceversa.

Non si può parlare oggi di innovazione tecnologica se non si inquadra in un contesto internazionale e non si può parlare oggi di innovazione se non si inquadra in una arco di tempo molto più breve che nel passato. La scommessa oggi è quella di “fare presto” e cioè di essere capaci di individuare il nuovo e di metterlo subito nella “macchina” di trasferimento tecnologico per poter arrivare velocemente al mercato. Oggi le parole chiave per la competitività e lo sviluppo sono: “ricerca di qualità” da un lato, “impresa che deve sempre innovare” e nel mezzo “servizi e infrastrutture efficienti” che devono funzionare. E’ necessario che le organizzazioni che devono supportare il Sistema Innovazione siano capaci di muoversi in contesti che vanno oltre i confini locali e nazionali. Ecco che e’ determinante essere inseriti in reti nazionali e internazionali che facilitino questo mestiere e l’Unione Europea ha messo a disposizione gli strumenti necessari per rafforzare il Sistema Innovazione.

L’ Unione Europea, infatti, ha predisposto programmi dedicati al rafforzamento dei servizi di diffusione dell’Innovazione e programmi specifici di Ricerca & Sviluppo (R&S), particolarmente dedicati alle Piccole e Medie Imprese (PMI) e che mirano a favorire la collaborazione tra il mondo della ricerca e quello dell’industria e facilitare il trasferimento di tecnologie a favore delle imprese europee, in particolare delle PMI. Tutto ciò ha contribuito ad instaurare strette collaborazioni tra imprese ed enti di ricerca provenienti da differenti nazioni, perché la maggior parte delle imprese necessitano generalmente dell"acquisizione di risultati di ricerca già collaudati o di tecnologie esistenti. Con i Programmi Quadro (attualmente è in corso il VII) l’ Unione Europea ha avviato numerose iniziative per stimolare lo “spirito innovativo” nelle imprese europee e la collaborazione con le Istituzioni pubbliche di ricerca. Quando il concetto di innovazione va oltre la tecnologia Per innovazione, come si evince anche dal Manuale di Oslo, si intende la creazione di un nuovo o significativamente migliorato prodotto (sia esso bene o servizio) o processo, un nuovo metodo di marketing, un nuovo sistema organizzativo per lo sviluppo di business o per la gestione del lavoro e nelle relazioni esterne. Questo “concetto esteso di innovazione” valorizza le novità esistenti non solo a livello di prodotti e processi, ma anche nei servizi, nelle metodologie e nell’organizzazione interna e esterna di un ente. Spesso la novità proviene dal saper “assemblare in modo nuovo” tecnologie innovative, metodologie, servizi, procedure e attività di base esistenti che di per sé non avrebbero carattere di novità, ma inserite in “buone pratiche” organizzative e procedurali diventano necessarie per l’implementazione di innovazioni. Un esempio lo possiamo trovare nella implementazione della CSR “Corporate Social Responsibility” spesso sviluppata con metodologie, servizi e procedure tese a migliorare l’organizzazione interna e esterna, attraverso anche l’applicazione di un codice etico che comporta sempre una innovazione di qualità nei comportamenti del personale di un ente e nelle relazioni esterne e interne. E’ di rilevante importanza oggi ridefinire il concetto di innovazione e cosa distingue l’innovazione dall’attività ordinaria. Le nuove politiche e programmi per l’Innovazione dovranno dettare le specifiche di cosa si intende per innovazione, partendo dai seguenti criteri di base:

L’innovazione deve: •Portare benefici incrementali o radicali agli utilizzatori •Avere sempre un certo grado di rischio nel raggiungimento degli obiettivi •Deve essere trasferibile e quindi formalizzata in modo che sia replicabile, provvedendo alla protezione delle nuove idee e quindi richiedendo anche una rivisitazione delle procedure e dei contenuti dei sistemi di brevettazione.

Le imprese e la ricerca nel Sistema innovazione devono trovare un adeguato sistema di supporto per la crescita e lo sviluppo economico Per rafforzare il Sistema Innovazione non basta la presenza di centri specializzati che favoriscono la collaborazione tra mondo della ricerca e mondo dell’industria, ma deve esistere una politica di supporto dei governi regionali e nazionali, con anche funzioni di coordinamento. La ricerca e l’internazionalizzazione dei mercati in cui i prodotti devono essere "competitivi", necessitano di una strategia di coordinamento. Si rende quindi necessario elaborare una politica più consapevole e integrata a livello nazionale, attivando una politica "territoriale" delle imprese, la cui importanza è da più parti riconosciuta in termini di affermazione e diffusione dell"innovazione tecnologica e gestionale. L"innovazione tecnologica e la sua diffusione non possono prescindere dallo spazio economico-territorale ed istituzionale, e dal livello di sviluppo economico dell"area, vale a dire dallo sviluppo di programmi politico-economici territoriali volti ad alimentare la capacità tecnologica di area e l"attività innovativa.

Dal lato delle imprese
La strategia per vincere in tema di innovazione è quella di puntare sul rafforzamento delle Piccole e Medie Imprese che rappresentano l’asse portante del tessuto economico europeo. In Italia le PMI fino a 50 addetti sono oltre il 97%, di cui fino a 10 addetti oltre l’82%. Si comprende facilmente come sia determinate attivare politiche per l’innovazione con al centro i bisogni delle imprese, che si articolano principalmente nei seguenti punti principali:

•La richiesta più forte oggi è quella di ridurre il livello di tassazione che ha raggiunto massimi livelli non più sopportabili dalle imprese, così come il costo del lavoro. •Le piccole imprese high-tech che rappresentano un anello importante della catena del sistema innovazione, risentono della carenza di finanziamenti (e/o di istituzioni finanziarie adeguate) tali da consentire loro di affrontare gli oneri, non solo della ricerca, ma dello sviluppo, in tutti i suoi stadi, delle idee innovative. Il problema finanziario pare infatti, nel nostro sistema produttivo, uno degli ostacoli e nodi critici più gravi per l"innovazione.

•In una vasta parte del nostro sistema produttivo esiste una, non tanto e soltanto inadeguatezza quantitativa, ma soprattutto qualitativa dei flussi di investimento. Infatti, appaiono certamente insufficienti nel nostro sistema gli investimenti in "nuove infrastrutture" e in "intangible assets" (formazione di nuove professionalità, riqualificazione di capitale umano, reti di comunicazioni e di servizi reali, software, ecc).

•Una parte prevalente delle PMI industriali italiane non sono dotate di una sufficiente capacità di innovazione organizzativo-manageriale, che costituisce una condizione insostituibile per l’accesso alle innovazioni tecnologiche in senso stretto. • Mancanza di cultura dell’Innovazione, difficoltà a recepire il concetto che l’innovazione è un investimento a lungo termine, che offrirà i suoi risultati con il raggiungimento del successo commerciale. Questo per sottolineare che “innovare significa investire” e che l’acquisizione di una tecnologia innovativa non deve richiedere un immediato ritorno economico, ma individuare nella strategia d’impresa il momento in cui si dovranno valutare i frutti dell’investimento. E’ ovvio che in questo scenario la grande impresa è favorita perché ha la forza economica per seguire l’investimento a lungo termine, mentre la medio-piccola soffre economicamente questo peso e devono essere messi a disposizione strumenti e management opportuni.

•Ostacoli relativi all" "isolamento" che contraddistingue la grande parte delle PMI rispetto ad altre imprese italiane o estere che potrebbero avere esigenze analoghe. C"è a questo riguardo da considerare che imprese "coalizzate", potrebbero fare un vero e proprio "salto di qualità" nell"attività innovativa, riuscendo anche a sfruttare opportunità di "aiuto pubblico" difficilmente fruibili dalla singola, piccola impresa. Questo è dimostrato anche dal recente studio di Unioncamere e dell’Istituto Tagliacarne: al Nord le imprese riescono a integrarsi meglio perché il territorio offre di più, mentre al Sud soffrono di più il problema dell’isolamento. Riescono a sopravvivere solo le imprese che riescono ad inserirsi nei cosiddetti “Sistemi organizzati in rete”, come ad esempio i Distretti Tecnologici, usufruiscono di facilitazioni per integrarsi con il sistema della ricerca e di servizi per l’innovazione e trasferimento tecnologico a livello nazionale e internazionale.

Dal lato della ricerca •I finanziamenti alla ricerca, anche se sempre più ridotti (ma questo non e’ sicuro perché il vero dato non emerge, in quanto il sistema di tassazione delle imprese penalizza con l’IRAP le risorse impegnate in ricerca e quindi c’e’ la tendenza a dichiarare meno), dovrebbero comunque procedere all’insegna della qualità e della produttività di risultati. •Dal lato della ricerca manca totalmente un adeguato riconoscimento delle carriere dei ricercatori e professori delle collaborazioni con le imprese. La capacità dei ricercatori di valorizzare i risultati della ricerca e quindi di attivare collaborazioni con l’industria deve essere riconosciuta ai fini della loro carriera. •A parte qualche esempio di capacità individuale di stare al passo delle eccellenze in termini di risultati della ricerca e capacità di trasferimento, le nostre università e centri pubblici di ricerca devono poter contare su un sistema di supporto adeguato per individuare le potenzialità di trasferimento dei risultati e puntare su trend di ricerca e tecnologici innovativi, stando al passo con lo stato dell’arte internazionale
•si deve meglio incentivare la “brevettazione” e chi produce il “nuovo”, che dovrebbe contare ai fini della carriera universitaria. C’e anche il problema dei costi dei brevetti che dovrebbe essere affrontato dal governo. •La recente costituzione dei Distretti Tecnologici che punta alle eccellenze delle regioni italiane in termini di know-how e alla organizzazione in rete delle imprese per farle uscire dall’isolamento, sembra segnare buoni passi in avanti per lo sviluppo della competitività.

Alcuni suggerimenti per una nuova strategia per l’innovazione vista dal “mondo del fare” Una nuova politica dell’Innovazione che vada oltre la tecnologia richiede anche una adeguamento dei programmi a sostegno dell’Innovazione stessa e quindi dei Programmi regionali, nazionali e internazionali, che dovrebbero adeguare i finanziamenti all’innovazione sulla base dei nuovi criteri per la identificazione dell’innovazione stessa. Si dovrebbero creare degli osservatori che a livello nazionale fossero in grado di monitorare le innovazioni nel concetto più esteso e questo potrebbe essere attributo alla costituenda rete CIP (Competitività e Innovazione ) della Direzione Generale Impresa dell’Unione Europea. Si potrebbe creare una banca dati degli organismi che sono certificati per l’erogazione di servizi, metodologie, buone pratiche ecc. innovativi.

L’innovazione in questo quadro di riferimento più esteso necessita anche il rafforzamento delle collaborazioni tra Istituzioni, Parti Sociali (in rappresentanza dei lavoratori), autonomie funzionali (Università, Enti di ricerca pubblica), Associazioni di Categoria pubbliche e private (Camere di Commercio, Confindustria ecc) centri di ricerca privati e imprese. •Le Istituzioni dovrebbero assumere il ruolo di regolamentare azioni tra i vari livelli di governo e mettere a disposizione risorse e programmi e soprattutto dovrebbero alimentare se non guidare la domanda di innovazione. Questo ultimo punto e’ importante perché le Istituzioni non dovrebbero solo definire linee guida ma essere i più importanti utilizzatori dell’innovazione.

•Le Parti Sociali dovrebbero rappresentare i lavoratori, come mediatori di conoscenza dei singoli e/o di forme di aggregazione per orientare i programmi alle esigenze. Andrebbe ripensata la cultura progettuale creando una nuova metodologia di progettazione che metta l’uomo al centro. •Le autonomie funzionali dovrebbero svolgere ricerca di qualità, formare laureati ad alto livello, promuovere la nascita di nuove imprese e spin-off, ed essere un serbatoio di nuove conoscenze e qualificati risultati della ricerca. Non dovrebbe essere incoraggiata la partecipazione diretta alla sfruttamento dei risultati della ricerca (dati gli scarsi risultati a oggi), che invece andrebbe assegnata alle strutture “ponte”, incubatori, consorzi misti, distretti tecnologici che sono più vicini alle esigenze di mercato.

Da tempo, direi da oltre 20 anni, si sente usare la parola “innovazione” dappertutto, dalla politica alla pubblica amministrazione, dal singolo imprenditore di successo al bravo ricercatore. Nessun programma, dibattito, convegno, intervento di leader politico ecc. può concludersi senza aver almeno una volta utilizzato il termine innovazione. L’impressione, o meglio i fatti, dimostrano però che si abusa di questo termine, o meglio se ne parla più per “auto-referenziare” un singolo caso di successo, o per accattivarsi il consenso di chi ci ascolta, piuttosto che misurare i ritorni in competitività e sviluppo delle azioni di successo per poi implementare un vero programma per il rilancio del paese, che tenga conto delle metodologie e delle strutture di successo.

Il percorso dell’innovazione, secondo la interpretazione più classica, parte dalla ricerca, che se è di qualità produce risultati che poi con la cosiddetta “exploitation”, sperimentazione diventano prototipi o tecnologie innovative. Il sistema del trasferimento tecnologico composto da diversi attori (dagli investitori ai policy makers, dai cosiddetti facilitatori alle Associazioni di categoria, dai ricercatori alle imprese) è complesso ma se ben organizzato deve portare presto a ingegnerizzare i risultati e i prototipi per poi finalmente arrivare sul mercato. La complessità del processo di trasferimento tecnologico mal si sposa con la necessità di fare in fretta per cogliere il momento dell’Innovazione. La strategia vincente è quella di essere capaci di far funzionare i “Sistemi a Rete”, si deve riuscire a “sistematizzare” il processo, i servizi e le infrastrutture dedicate la trasferimento tecnologico.

É dunque evidente la necessità di riorganizzazione le politiche per l’innovazione sia in termini di ammodernamento dei programmi regionali e nazionali, sia in termini di sviluppo di nuove iniziative strettamente collegate con le aree di eccellenza presenti nel mondo scientifico pubblico e privato. Si dovrebbe attivare una nuova fase del sistema innovazione che tenga conto delle esperienze di questi ultimi 20 anni, promuovendo programmi orientati non solo alla creazione di fondi per l’innovazione che dovranno essere dedicati alla implementazione dei piani di sviluppo delle idee innovative, alla formazione manageriale per un impresa innovativa ma anche al rafforzamento delle infrastrutture e di quelle organizzazioni che hanno prodotto risultati importanti nel campo dell’innovazione e del trasferimento tecnologico. L’Italia è ferma e si assiste ad una mancanza di competitività delle nostre imprese come pure nel mondo della ricerca. Si continua a dire che si deve investire di più in ricerca e questo è vero, ma è anche vero che investimenti ne sono stati fatti molti senza “eco” sui mercati nazionali e internazionali. Alcuni suggerimenti per una più solida strategia per l’innovazione:

•Evitare di creare nuove strutture per il trasferimento tecnologico e selezionare quelle più capaci che già esistono nei paesi membri dell’Unione Europea. In Italia esiste una mancanza totale di raccordo e coordinamento delle oltre 300 strutture, nate per favorire l’Innovazione e il trasferimento tecnologico e che lavorano spesso duplicando iniziative e progetti, sprecando risorse per ottenere scarsi risultati nei confronti dell’investimento. Ci sono però alcune organizzazioni che per tradizione e modelli sono continuamente valutate, formate e aggiornate dall’Unione Europea e quindi sono sottoposte a controlli periodici delle loro performance, come la rete degli Innovation Relay Centre, da gennaio 2008 faranno parte di una rete più vasta selezionata nell’ambito del programma CIP dell’Unione Europea. Mentre ci sono altre organizzazioni che, essendo nate con una valenza più territoriale e con finanziamenti pubblici, fanno più leva sul supporto politico locale per la loro promozione, piuttosto che misurarsi su risultati concreti.

•I finanziamenti alla ricerca, anche se sempre più ridotti, dovrebbero procedere all’insegna della qualità e della produttività di risultati. E alla luce degli investimenti fatti negli ultimi 20 anni con le risorse messe in gioco dai governi nazionali e dall’Unione Europea, i risultati in termini di sviluppo della competitività del nostro paese non sono certo adeguati. L’impressione e’ che si continui a finanziare “a pioggia” senza guardare alla qualità. Le strutture di trasferimento ben selezionate e dotate di adeguato know-how dovrebbero essere già indicate nei programmi di finanziamento alla ricerca nazionali e comunitari, in modo da supportare fin dall’inizio dei progetti la valorizzazione dei risultati e poterli accompagnare nel lungo processo di trasferimento tecnologico.

•Un altro aspetto che oggi assume una importanza determinate è la mancanza di strumenti adeguati ad accelerare il “motore” dell’Innovazione e del trasferimento tecnologico. Infatti è ormai opinione degli esperti in questo settore che spesso si riesce ad arrivare a produrre risultati di qualità della ricerca e talvolta anche alla brevettazione, ma poi tutti si arresta per mancanza di adeguati strumenti che portino alla realizzazione del prodotto innovativo e al suo lancio sul mercato. In questa fase esiste anche la difficoltà ad accedere alla cosiddetta “finanza innovativa” che si ispira a modelli di finanza privata (Venture Capital, Business Angel ecc.), dove anche le nostre banche dovrebbero avere un ruolo attivo. I casi conosciuti oggi di iniziative di questo tipo riguardano soprattutto le medie e grandi imprese, mentre le piccole, che rappresentano il 90% del nostro sistema produttivo, non riescono ad accedere a questi strumenti.

• Attivare programmi di investimento specifici di formazione per tutti i livelli istituzionali privati e pubblici. Il ricambio generazionale negli enti pubblici e privati è uno dei gravi problemi del nostro paese. • Adeguare la configurazione delle strutture più idonee per l’innovazione e il trasferimento esistenti dei Paesi Membri alla recente “call for proposals” del Programma CIP (Competitività e Innovazione) dell’Unione Europea che ha selezionato consorzi in tutti i paesi membri per creare “Reti per il supporto al business e all’innovazione”. La partecipazione al bando di gara ha imposto la creazione di consorzi di organizzazioni già esistenti con profonda esperienza nel campo dell’innovazione. La politica dell’Unione Europea, nel selezionare queste reti, è stata quella di “integrare”, “ottimizzare le risorse” e “offrire un servizio efficiente e di qualità”. I consorzi italiani selezionati vedono insieme Università, Enti di ricerca, Confindustria, Camere di Commercio, Consorzi misti pubblico/privati, Associazioni di categoria che finalmente saranno costretti a lavorare insieme. La raccomandazione è che i governi non si inventino cose nuove, ma che invece si appoggino a strutture con esperienza pluriennale e che godono anche della certificazione di qualità dell’Unione Europea.

*- Dirigente industriale, Direttore Divisione Ricerche in Sviluppo e Trasferimento Tecnologico, Marketing, Risorse Umane e Organizzazione - Consorzio Pisa Ricerche
- Rappresentante nazionale Federmanager /CIDA per la Commissione II del CNEL – Ricerca, Innovazione e Trasferimento Tecnologico
- Presidente Progetti Manageriali (socio unico Federmanager Nazionale) - Presidente Federmanager Pisa
- Consulente OCSE sul tema “Innovation Strategy Vision”

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