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Contro il deficit interviene l’Ecofin

Siniscalco, eccesso di soddisfazione

Il rilancio italiano in mano a Bruxelles, ma restano i dubbi sull’efficacia dell’intervento

di Antonio Picasso - 13 luglio 2005

Perché tanta soddisfazione per una multa? Il comportamento del governo italiano lascia a bocca aperta. L’Ecofin ha chiesto ieri all’Italia di tagliare il disavanzo “almeno dell’1,6%” entro il 2007. E’ l’ennesima ammonizione per la nostra economia. Ciononostante, il ministro Siniscalco si è detto ottimista e appagato. Passi per l’ottimismo che, comunque, resta tesoro di pochi. Dell’appagamento, invece, non se ne capisce il motivo. La Commissione europea ha confermato, ancora una volta, che i tanti interventi del governo Berlusconi non hanno risparmiato al Paese la recessione. Certo, non è solo colpa del centro-destra. L’Ulivo c’ha messo del suo. Tuttavia, la logica suggerirebbe a Siniscalco di mostrarsi un po’ più contrito. Ma soprattutto sinceramente intenzionato a rilanciare l’economia italiana. Perché se l’Unione europea ha dato il là per come reagire al declino, adesso spetta al Paese – quindi alla sua classe dirigente – provvedervi in termini concreti. Cifre alla mano, l’Italia, per riportare il proprio disavanzo sotto al 3%, entro la fine del 2007 – e quindi tornare nei ranghi del nuovo Patto di stabilità – dovrà provvedere a un taglio al disavanzo dell’0,8% annuo, a partire dal 2006. L’anno prossimo si chiuderebbe, così, poco sotto il 4%. E nel 2007 si rientrerebbe al di sotto della soglia del 3%. Interventi di natura strutturale, che, stando al rapporto Ecofin, non saranno di ostacolo alla ripresa. Il problema è che queste raccomandazioni non assicurano il successo. E qui sta la perplessità per l’ottimismo di Siniscalco. Per il 2005 è previsto un disavanzo del 4,3%, con crescita zero. E solo nel biennio successivo, si auspica un incremento del pil all’1,5%. Ciò significa che anche nell’anno in corso il Paese resterà arenato lì dov’è. E se nel 2006 la crescita la crescita risultasse inferiore alle aspettative, nel 2007 saremmo reduci da tre anni di recessione. Eventualità esclusa, per ora, sia dalla Commissione e da Siniscalco. Ma non dal Centro Studi di Confindustria, che ha stroncato ultimamente le illusioni di ripresa. A viale dell’Astronomia si ipotizza che a seguito dell’esaurirsi delle misure una tantum, il deficit 2006 programmato potrebbe avvicinarsi al 4,8-4,9%. E, pur seguendo le indicazioni Ue, lo stesso si manterrebbe intorno al 4%, mentre il pil resterebbe congelato al 1,8%. Non ci sono Dpef o bozza di questo che tengano, allora. La recessione non è un fastidioso e breve raffreddore di stagione. Il male italiano sta nella struttura economica e politica del Paese e richiede un decorso più lungo con cure più impegnative e mirate. Purtroppo però, la maggioranza mostra, more solito, di avere idee diverse sulle cose da fare, o in molti casi di non averne affatto. E se a questo si aggiunge lo stato di campagna elettorale perenne – in cui si ha paura di affrontare i problemi, altrimenti si perdono consensi – non si commette peccato nel disapprovare la soddisfazione e l’ottimismo di Roma e di Bruxelles.

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