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Gli Stati nazionali e la globalizzazione

Signori il declino è cosa seria

Gli italiani corresponsabili del declino: serve una nuova, ritrovata coscienza civile

di Antonio Gesualdi - 20 marzo 2007

Premesso che chi tira l"allarme non è un piromane, anzi contribuisce a limitare o evitare completamente i danni, accetto anche di essere indicato come "declinologo". Se una qualche declinologia esiste è concepibile solo nell"accezione di richiamo dell"attenzione, di incitamento, appunto, ad evitare l"eventuale declino. Detto questo pare acclarato che ci troviamo in una fase di grande cambiamento che alcuni chiamano di "terza mondializzazione"; più comunemente detta "globalizzazione". E che nel nostro Paese uno degli effetti primari sembra essere proprio un decennale declino.

Si tratta dell"effetto di una crisi di modernizzazione che attraversa il mondo arabo e musulmano e che speriamo non sia troppo lunga e violenta come è stata per l"Europa. Di una ricollocazione della potenza economica cinese che speriamo resti pacifica ed evolva nell"area dei diritti politici. Come ha scritto il professor Paniccia, “i cinesi sono molto più strateghi di noi”. Speriamo, veramente. E infine dobbiamo anche sperare che gli Stati Uniti accettino, in maniera pacifica, di perdere l"egemonia mondiale. Oggi gli USA rifiutano ancora il protocollo di Kyoto, il Tribunale penale internazionale, aumentano gli accordi bilaterali e sembrano privilegiare la soluzione militare "unilaterale".

Insomma in questo "mondo totale" la direzione dovrebbe essere quella di grandi agglomerati d"area di uguale potenza - anche demografica - capaci di ritenere l"accesso alle risorse naturali non un affare di guerra, ma piuttosto un affare diplomatico. Sarà più facile, del resto, discutere e trovare accordi tra Brasile, Russia, India, Cina (BRIC), Europa, Stati Uniti e Giappone che tra 120 Paesi diversi.

Questo, però, comporta per l"Occidente una vera e propria rivoluzione culturale e politica di accettazione di perdita dell"egemonia. Insomma la Cina e l"India, oggi, non hanno solo manodopera, ma sfornano anche migliaia di ingegneri l"anno, di tecnici specializzati, di donne alfabetizzate. L"Italia ha il 10% della popolazione di tecnici diplomati, la Cina tra l"1 e il 2%. Ma gli italiani sono 58 milioni, i cinesi 1.300.000.000! I flussi commerciali - sui quali anche noi italiani tanto sbraitiamo - si stanno ricollocando nel flusso Sud-Sud e non più Sud-Nord. I prodotti agricoli brasiliani, ad esempio, dal 2000 al 2005, sono aumentati del 430% verso la Cina, del 290% verso l"Iran, del 270% verso la Russia e l"India. La Cina commercia con l"Africa con una crescita di oltre il 30% l"anno. Con buona pace delle vecchie politiche europee e americane.

Le volontà di potenza si scontrano con le potenze reali. I cinesi comprano i bot americani per permettere agli americani di comprare i prodotti cinesi. I russi vendono il gas agli altri europei per comprare prodotti occidentali. I musulmani criticano l"Occidente, ma emigrano in Occidente e le loro donne fanno anche meno figli di una donna occidentale.

Il declino politico italiano - ed europeo -, quindi, è strettamente coniugato a questa mondializzazione che comporta anche la perdita dell"egemonia dell"Occidente. E si può declinare anche crescendo se contemporaneamente tutti gli altri Paesi crescono di più. Cosa che è storicamente accaduta all"Italia post-rinascimentale. Ma la causa di questa condizione non è il declino stesso o gli altri, la causa è la perdita di un progetto collettivo, di una collocazione pubblica-privata dell"individuo oltre i pacs, le quote rosa, il narcisismo pre-genitale, le rivendicazioni sessuali, etniche, professionali, di status. Se un bambino ha la sicurezza di essere nato "dal corpo della madre" e di essere figlio perché porta "il nome del padre" che accade se si può scegliere anche il cognome della madre, tutti e due i cognomi insieme o magari alternarli? Quante identità possono stare in un solo bambino? E che cittadino è - e di dove è - quel bambino? Per essere cittadini del mondo... comunque in un luogo preciso di quel mondo bisogna pur essere nati. Dicono in molti: Se gli italiani dubitano della loro nazione è perché declina. Io sostengo che invece l"Italia declina perché gli italiani (e anche molti altri europei) dubitano delle loro identità.

L"individuo ha preso il posto delle vecchie ideologie e la nazione è diventata uno stato assistenziale al suo servizio. Non è più "vietato fumare", ma "si prega di non fumare". La lotta di classe si è trasformata in una lotta dei sessi. I nostri governi - dico – cadono, per questioni di sesso. Gli impiegati pubblici vengono etichettati come "dei fannulloni" e non più "servitori dello Stato". Ma che cittadino è un individuo senza gli altri individui? E come affronta i pericoli, il lavoro, l"invecchiamento, la malattia e la morte? Non si fa politica con i diritti civili: quelli sono o non sono. Ma si fa politica con quel pallone gonfiato dell"individuo che si crede onnipotente perché ha un video-cellulare e per vedersi una partita di pallone non è più obbligato ad andare allo stadio e se ci va si permette di spaccare tutto. Tanto "la roba" non è sua. Oggi il cittadino chiede e non è più obbligato a dare. Oggi si pensa di fare politica dicendosi, semplicemente, pacifisti oppure facendo vincere a Sanremo una canzonetta sui manicomi o sfornando qualche filmetto provocatorio (dall"assassinio di Bush e Berlusconi a preti che si baciano).

Servono cittadini così per alimentarne l"indebitamento delle famiglie, il narcisismo dei giovani, la volontà di potenza dei vecchi, il rimbecillimento delle donne, ma il risultato è il declino collettivo. Oggi dobbiamo trovare una risposta alla domanda: "come si concilia l"iperindividualismo con la protezione collettiva?" E la risposta deve essere politica.

Fuori dalle religioni, fuori dalle ideologie, fuori dalle nazioni c"è una selva oscura o una radura luminosa? Il problema è politico: dipende dal rapporto tra cittadino e Territorio. E oggi il nostro territorio di riferimento dovrebbe essere l"Europa. Ma l"Europa dovrebbe saperci proteggere dalla disoccupazione, dalla perdita di identità, dalle invasioni migratorie, dal terrorismo e dalla guerra. Ecco perché la "declinologia" è una questione seria: ci segnala che stiamo uscendo, dopo le religioni, dopo le ideologie, anche dalle nostre, amate, nazioni.

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