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Quando la malagiustizia sprofonda nel grottesco

Sexgate in condizioni d’emergenza

Siamo di fronte a un rito giudiziario che ha imboccato una via non codificata

di Davide Giacalone - 27 gennaio 2011

Guido Bertolaso, secondo la procura di Perugia, è un corrotto che, in associazione a delinquere con altri, ha fatto lievitare i costi in capo all’amministrazione pubblica e ha favorito gli amici negli appalti, ricavandone benefici in vil denaro (mediante il pagamento dell’affitto di un appartamento a sua disposizione) e in prestazioni sessuali (la celebre massaggiatrice del Salaria Sport Village), pertanto si chiede che sia rinviato a giudizio e si chiederà, al processo, la sua condanna. Peccato però che, da molto tempo e per mesi, le carte dell’accusa si sono trovate sui giornali, che egli abbia dovuto lasciare il posto che occupava e che il processo arriverà, nel caso sia rinviato a giudizio, quando la pena pubblica è già stata scontata.

Ove mai, poi, non fosse mandato a processo o fosse assolto sarebbe una ulteriore beffa, perché sui giornali e nelle radio e televisioni sarà stato ulteriormente dipinto come delinquente: oggi, per la fine delle indagini, poi per l’inizio dell’udienza preliminare, quindi per quando l’accusa parlerà, e così via massacrando.

Peccato, inoltre, che gli viene imputato quel che era nella natura degli appalti pubblici in condizioni d’emergenza, disposta non da lui, ma da governi di diverso colore. L’inchiesta, insomma, è stata prudenzialmente tenuta lontana dalla causa del male. Ma c’è un altro aspetto, nell’orrore della malagiustizia, che sprofonda nel grottesco: ora che le indagini sono chiuse e si passa alla fase processuale il cittadino Scaiola Claudio non risulta essere stato indagato e, quindi, neanche lo si vuole imputato.

Salvo il fatto che il ministro Scaiola si dimise esattamente a causa di qesta inchiesta. Ci mise del suo, con la surreale dichiarazione circa la vendicativa speranza di trovare chi gli aveva pagato la casa. Ma ammise che i conti non tornavano e lasciò l’incarico. Insomma, fece quel “passo indietro” che viene chiesto, a furor di giornali, a tutti quelli che finiscono nelle inchieste. Era lecito, a quel punto, coltivare la speranza che gli implacabili inquirenti avrebbero almeno soddisfatto quella curiosità. Invece, niente. Scaiola è immacolato. Ma anche giubilato. C’è qualcuno in grado di spiegarmi che senso ha?

Oramai è l’intero rito giudiziario ad avere imboccato una via non codificata, ma largamente collaudata: a. si fanno le indagini, naturalmente con ampio uso delle intercettazioni; b. se ne depositano le più clamorose risultanze in redazione, anziché in cancelleria, dimostrando che gli indagati sono degli scellerati, se non dei criminali; c. s’istruisce il processo pubblico, senza neanche l’uso del televoto, per il quale ci stiamo attrezzando; d. si emette la condanna, meglio ancora se l’interessato si condanna per i fatti suoi; e. quindi, conclusa la mattanza, si offrono i resti documentali al processo tribunalizio, che, con comodo, si svolge nei prossimi anni; f. l’esito, naturalmente, non interesserà a nessuno.

In caso di rimpasto, quindi, non sarebbe male se Scaiola tornasse al suo posto, o in altra collocazione ministeriale. Da parte dei colleghi sarebbe una dimostrazione di prudenziale solidarietà, mentre, in questo modo, la procura tornerebbe ad avere un buon motivo per aiutarlo a risolvere il dilemma: chi gli pagò quell’ammezzato, con improvvido affaccio sul Colosseo?

Pubblicato da Libero

Fonte immagine: lastampa.it

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