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Gli eterni malanni impediscono la normalità

Se la guerra "incivile" continua

Chi si appella oggi allo Stato assente, dimentica le campagne passate e faziose

di Elio Di Caprio - 19 aprile 2006

Non c"è stato nessun 25 luglio e nessun 25 aprile, nessun ritorno di date fatidiche e simboliche che facciano da spartiacque nella storia italiana del 2000. Finora nessuna resa dei conti nella coalizione di centro-destra che ha perso le elezioni, nessuna guerra civile tra opposte fazioni, ma soltanto una guerra incivile strisciante tra coalizioni eterogenee al loro interno che l"incerto risultato elettorale ha reso ancor più estremizzate nelle pulsioni di affermazione e di rivincita. Non c"è stata (ancora) una Caporetto economica che spinga ad un"unione sacra nazionale per affrontare l"emergenza. Le ipotesi di grande coalizione destra-sinistra, ora respinte perchè sembrano più una richiesta strumentale della parte perdente per rientrare in gioco che non una genuina presa d"atto della situazione di stallo politico determinato dai risultati elettorali, ritorneranno non appena le prevedibili difficoltà di governo del centro-sinistra obbligheranno a riconsiderare questa alternativa.
Intanto non si intravede, dopo dodici anni, una via certa di uscita all"infinita transizione italiana mentre le coalizioni contrapposte continuano ad affilare le armi come se la contesa dovesse continuare all"infinito. Le polemiche sui brogli e le vere o presunte irregolarità elettorali tendono a mantener in vita un clima di sospetti e di delegittimazione reciproca. Fino a quando e in vista di che? Forse in attesa di un ribaltamento magari reso necessario da circostanze esterne sopravvenute?
Il nostro bipolarismo d"accatto, che all"apparenza presenta due fronti compatti in eterna lotta – l"Italia spaccata in due come una mela, la divaricazione profonda tra nord e sud, la divisione tra ceti produttivi e ceti assistiti – nella realtà trova il suo limite invalicabile nell"impossibile coesione di cartelli elettorali messi su solo per raccogliere la maggiore messe di suffragi a destra e a sinistra, e poi inadatti e impotenti se messi alla prova nel tradurre i programmi in una linea politica sicura e coerente.
Cosa è mancato e manca ancora? Cosa ha impedito e impedisce una limpida alternanza dei poli di governo? Gli eterni malanni italiani del particolarismo e del trasformismo, che tanto ci rendono storicamente diversi dagli altri popoli europei?
Eugenio Scalfari, il guru della sinistra pensante per antonomasia, ricorre ad accenti di pessimismo leopardiano sulla “serva” Italia per darsi conto di una realtà che puntualmente continua a smentire tutte le sue previsioni.
Già prima delle elezioni l"ex direttore di Repubblica, per trovare un filo conduttore comune della storia italiana dell"ultimo secolo, si era avventurato in un parossistico paragone tra il populismo di Belusconi e quello di Mussolini a cui mancava solo l"ultimo anello di congiunzione, quello del conflitto d" interesse e delle leggi ad personam...
Ad elezioni concluse, di fronte all"evidente delusione per la non proprio netta vittoria dell"Unione, Scalfari scrive che “la vera questione di questo Paese non è la questione settentrionale e neppure quella meridionale, ma è la questione dello Stato, di cui gli italiani non si fidano”.
Per porre fine alla guerra incivile strisciante, dalle colonne di “Repubblica” si invoca dunque il senso dello Stato quale garante delle regole che vanno da tutti rispettate, come se la sinistra – almeno quella a prevalente cultura marxista – non avesse avuto e non avesse alcuna colpa nella demolizione del concetto di Stato, indicato sempre e comunque come il paravento degli interessi di classe. Ed ora che si pretende ? Che il popolo delle partite Iva e del lavoro autonomo interiorizzino un interesse generale che vada oltre il proprio tornaconto personale?
Le elezioni sono passate, ma i residui della incivile propaganda elettorale continueranno a depositarsi nella memoria collettiva .
Dopo spot, slogans e paure arriva per tutti il momento della verità. Siamo all"ingovernabilità determinata da un sistema bipolare contraddittorio e pasticciato che già per due legislature ha mostrato tutte le sue crepe. Non ci resta che prenderne atto e andare oltre, escogitando un"exit strategy democratica dall"attuale impasse. Certo a tale scopo sono indispensabili il senso dello Stato e della coesione civile, nonché la reciproca legittimazione tra maggioranza e opposizione. Accontentiamoci che, buon ultimo, anche il direttore di Repubblica se ne sia accorto, dopo essersi speso per anni in campagne giornalistiche faziose tendenti più a demonizzare gli avversari politici che a considerare le ragioni degli altri.

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