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Non sarebbe meglio un’ora (facoltativa) di laicità?

Se “l’ora islamica” è un altro spot

Le insospettabili convergenze tra Fini e D’Alema

di Elio Di Caprio - 21 ottobre 2009

Non è facile per nessuno, nemmeno per gli amici o ex amici di AN, opporsi alla corazzata Berlusconi ed al suo potere economico e mediatico. Si può sì andare in prima pagina, come continua a fare Fini, con proposte e iniziative indipendenti e non concordate – ma chi è in grado di rubare la scena al Premier dei sondaggi? - per dimostrare larghezza di vedute sull’Italia che verrà, ma il seguito popolare è tutto da dimostrare . Non è detto che le idee apparentemente le più sagge e avanzate riescano a sfondare quando si sbagliano i tempi o quando i mezzi non sono adatti al fine dichiarato o ancora quando si pretende di risolvere problemi improvvisamente urgenti e poi ci si trova a fronteggiarne altri ancora più ampi, delicati e nascosti. E’ questo il caso della proposta dell’ora facoltativa di religione islamica riservata agli islamici nell’Italia secolarizzata di oggi alle prese con i problemi degli immigrati che non si sa fino a qual punto conviene respingere o integrare.

Non per nulla con l’occasione sono riemersi altri problemi irrisolti, da quello della cittadinanza a quello del voto amministrativo da concedere prima o poi agli immigrati, a quello dei rapporti di buon vicinato con la Chiesa cattolica che teme ogni breccia alla sua pressocché totale egemonia di magistero religioso. E’ una proposta trasversale quella dell’“ora islamica”, come va di moda oggi, originata da una convergenza elitaria tra le fondazioni di Fini e di D’Alema su un tema che più spinoso non potrebbe essere in un’Italia sempre più visibilmente intollerante in cui lo stesso Papa Ratzinger deve destreggiarsi tra le tradizioni di tolleranza della religione cattolica – accogliere gli immigrati di qualunque credo e nazionalità, far prevalere l’essere umano su ogni forma di discriminazione- e l’esigenza di mettere i primi paletti di difesa a fronte della paventata invasione islamica, religiosa e culturale insieme, preconizzata ieri dalle invettive di Oriana Fallaci, oggi da quelle del cristiano convertito Magdi Allam.

Siamo così poco laici da non permettere che all’ora di religione cattolica si affianchi l’ora di religione islamica che consentirebbe di controllare meglio chi vuole insegnare nelle scuole il Corano alle migliaia di immigrati di fede islamica? Così oscurantisti e ciechi da non renderci conto che è nostro interesse, come italiani ed europei, lasciare esprimere ed insegnare altre fedi in una società che se non sarà multiculturale sarà sicuramente multietnica?

Non si tratta solo di questo evidentemente ed il vero punto debole della proposta-spot di Fini e D’Alema, è proprio quello di riguardare esclusivamente la religione islamica e non altre religioni, tutte le religioni, non solo quelle monoteiste. Per giunta la proposta è stata formulata come un segnale d’attenzione verso una religione a cui Benedetto XVI guarda con diffidenza già a partire dal discorso di Ratisbona.

Sarebbe meglio invece istituire nelle scuole un’ora facoltativa di laicità, insegnando la storia delle religioni a tutti. Sarebbe la soluzione ideale per una società multietnica se non fosse d’ostacolo la tentazione integralista delle tre grandi religioni monoteiste a rappresentarsi ognuna come l’unica vera religione che va vissuta nella vita d’ogni giorno, con l’aggravante per la religione islamica di una completa identificazione tra religione e società, tra religione e politica.

E’ anche per questo che la Chiesa cattolica vive con disagio, quasi fosse un cedimento, il dover dare la stessa potenziale dignità ad ogni altra religione, soprattutto a quella islamica che richiama conflitti storici che per alcuni musulmani – non solo i terroristi - non sono mai terminati e anzi attendono di essere ripresi. Perchè la Chiesa dovrebbe accettare un tale segnale d’attenzione all’Islam in casa “propria” quando i cristiani sono pesantemente discriminati nei Paesi islamici? E’ vero che è lo Stato che decide, ma anche la Chiesa conta (in Italia).

Però non si tratta neanche solo di religione. Se si guarda all’aspetto religioso musulmani e cattolici integralisti andrebbero perfettamente d’accordo su tante questioni di vita civile, abolirebbero l’aborto e la pillola del giorno dopo, sarebbero contro le cellule staminali e così via, non rinuncerebbero mai alla rilevanza politica della religione nella società. Ma la nostra storia è diversa. Negli ultimi secoli l’Occidente, l’Europa e l’Italia sono vissuti sull’equilibrio sdrucciolevole, ma pur sempre equilibrio, tra la religione vissuta come fatto sociale e religione vissuta nel privato, con tutte le contraddizioni e i costi che comporta ogni processo di secolarizzazione. Un tale processo non è mai avvenuto con la religione islamica e dovremmo accettare un presunto insegnamento pubblico di una dottrina così distante dalla pratica cristiana, sia pure diretto ai soli giovani musulmani? I laici e la politica che cosa possono fare in tale contesto? Molto o troppo poco. Possono e debbono comunque salvaguardare gli equilibri sociali interni, anche consentire l’ora di religione per altre fedi, compresa la musulmana, se ciò dovesse servire ad un’integrazione graduale delle minoranze presenti sul nostro territorio, ma sempre nell’ambito di precise garanzie. Il peggio che si possa fare- e purtroppo si fa- è utilizzare proposte eccentriche e parziali come quella dell’“ora islamica”, al solo scopo di gettare un sasso nello stagno per vedere l’effetto che fa . La religione, l’immigrazione, i respingimenti, la crisi di natalità, non sono spot da piegare alla propaganda. Adesso sappiamo che Fini va d’accordo più con D’Alema che con Bossi sui temi laici e dell’immigrazione, ma resta l’interrogativo di sempre se vale la pena movimentare il quadro politico, di per sé già confuso, con proposte-pretesto della più varia natura – ora ci si mettono pure le fondazioni di destra e di sinistra- che riescono a testimoniare solo le distanze siderali sulla visione dell’Italia futura all’interno di un medesimo partito o di una medesima coalizione. Se tutti giocano a fare i trasversali per dimostrarsi diversi dai partiti di origine e dire finalmente quello che pensano, a che mai è servito l’attuale bipartitismo? Ce lo domandiamo ancora. Elio Di Caprio Roma 20 ottobre 2009

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