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Le opa su Antonveneta e Bnl sono due esempi

Se l’Italia diventa una colonia

Banche, imprese, gruppi alimentari… le aziende straniere fanno shopping indisturbate

di Enrico Cisnetto - 19 dicembre 2005

La caccia è aperta, e all’Italia tocca il ruolo di preda. Le scalate di Abn Amro su Antonveneta, cui ha aperto la porta la maldestra opa della Bpi di Fiorani, e del Bbva su Bnl – che ritornerà presto d’attualità viste le difficoltà di Unipol con le autorizzazioni di Consob e Bankitalia – sono solo la punta dell’iceberg di una tendenza ormai più che consolidata: i pezzi migliori del nostro capitalismo finiscono nelle mani degli stranieri, che indisturbati fanno shopping mentre i nostri imprenditori stanno a guardare. E poco consola, tanto per rimanere nel settore creditizio, che Unicredit, con l’acquisizione della tedesca Hvb, e Banca Intesa nell’est Europa siano riuscite comunque a farsi valere: gli equilibri del sistema bancario restano così fragili (vedi le fondazioni) che non è difficile immaginare altre incursioni straniere negli assetti azionari.

Non è dunque un caso che per i fondi di private equity, l’Italia sia il Paese europeo dove è più redditizio investire dopo Francia e Gran Bretagna: un business che nel 2004 si è avvicinato ai 40 miliardi di euro (più del 2,5% del pil italiano). Nelle telecomunicazioni Wind è finita in mano alla Orascom dell’egiziano Sawiris, mentre British Telecom, che già controllava Albacom, ha rilevato da Fiat anche Atlanet. E ora su Fastweb, orfana dei suoi fondatori, stanno facendo rotta fondi e gruppi di tlc. Nell’alimentare, già abbondantemente saccheggiato, la vendita ai francesi dell’Eurazeo di uno storico marchio italiano come la Star, è stata bloccata al fotofinish, ma è probabile che sia solo questione di prezzo. Mentre la prossima preda, secondo i rumors, dovrebbe essere la Galbani. Per non parlare della moda, dove la crisi degli anni scorsi ha favorito il massiccio ingresso dei fondi in imprese che avevano bisogno di capitali freschi (VCP in Fiorucci e Cerberus in Fila sono solo esempi). Piange anche il mercato immobiliare dove, nonostante i “re del mattone” veri o virtuali che affollano i nostri “quartierini”, gli operatori nazionali (11 miliardi di euro di patrimonio) sono stati superati da quelli internazionali (a quota 15). La Ras, una tra le più grandi compagnie assicurative, è diventata interamente tedesca dopo l’opa di Allianz, mentre la storica Lucchini è finita in mano alla russa Severstal e la Mv Agusta in difficoltà è passata ai malesi della Proton. Nell’energia Edf grazie a Edison rappresenterà nel 2007 il principale operatore nel Nord, e Endesa è ormai seconda in Italia, mentre per Enel (alla faccia della reciprocità) è complicato entrare sia nel mercato francese che in quello spagnolo. Nella grande distribuzione, poi, la penetrazione degli stranieri è diventata quasi invasione: le compravendite di shopping centre nel corso del 2004 (+80% sul 2003), sono state effettuate per il 94% da investitori esteri.

Insomma, si è ormai aperta l’era della colonizzazione di industrie e servizi in Italia. Capita, nei paesi in declino dove paga più la rendita del profitto, e l’imprenditoria e la politica sono assenti. Ingiustificate.

Pubblicato sul Messaggero del 18 dicembre 2005

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