Guerra aperta nell'eurozona
Se Draghi non è tedesco
La politica della banca centrale, se da un lato ha salvato l’euro, dall’altro ha scatenato l’ira della Merkeldi Enrico Cisnetto - 15 novembre 2013
I casi sono due: o Draghi e la signora Merkel sotto sotto sono d’accordo, oppure nella Bce è arrivato il tempo del redde rationem. In ogni caso, nell’eurozona è guerra aperta. La politica della banca centrale guidata dal “non tedesco” Draghi, se da un lato ha salvato l’euro e alcuni Paesi europei dal default, dall’altro ha scatenato l’ira della Germania. O quantomeno, dei membri tedeschi della Bce.
Di fronte ad una pesante disinflazione, sommata al rischio di deflazione nei paesi più deboli, l’Eurotower ha tagliato ulteriormente i tassi d’interesse, portandoli al nuovo ribasso storico dello 0,25%. Una decisione giunta con ben 6 voti contrari all’interno del consiglio, fra cui quelli pesanti del membro tedesco del board, Jorg Asmussen, e dei governatori delle banche centrali di Germania, Austria e Olanda. Ma se anche questa battaglia è stata vinta da Draghi, con un lascito di sangue e feriti, l’esito della guerra è ancora incerto e sull’efficacia dell’Omt pende la spada di Damocle del giudizio della Corte federale tedesca.
Insomma, che la Bce stia adottando una politica monetaria espansiva in grado di salvare euro ed Europa, ai tedeschi proprio non va giù. Perché hanno altri interessi e, al momento, stanno più che bene così: il loro export tira anche in presenza di una moneta forte, la disoccupazione è ai minimi storici e il costo del denaro è quasi negativo. Per questo si preoccupano di Draghi, arrivando a definire il taglio dei tassi “un diktat della nuova Banca d’Italia, con sede a Francoforte”. Ma del paese più potente dell’eurozona quello che deve preoccupare non sono tanto le invettive, quanto le future opposizioni sulle operazioni già annunciate dalla Bce contro la deflazione e il credit crunch (un “nuovo” Ltro e l’Unione bancaria in primis).
Se la Germania scaricherà le poche armi che la Bce ha in questa guerra di posizione, per salvare quel che resta dell’Europa ci si potrà affidare solo al fato. Oppure alla lungimiranza della signora Merkel, che se anche in campagna elettorale sosteneva un aumento dei tassi, ci auguriamo che, chiusa come è ora con i membri dell’Spd a scrivere il programma di una grande coalizione (vera, non per finta come la nostra), sia ben cosciente che non può mettere la Germania contro l’Europa. Magari adesso che non ha più il telefono sotto controllo, potrebbe fare una telefonatina a Mario. (twitter @ecisnetto)
Di fronte ad una pesante disinflazione, sommata al rischio di deflazione nei paesi più deboli, l’Eurotower ha tagliato ulteriormente i tassi d’interesse, portandoli al nuovo ribasso storico dello 0,25%. Una decisione giunta con ben 6 voti contrari all’interno del consiglio, fra cui quelli pesanti del membro tedesco del board, Jorg Asmussen, e dei governatori delle banche centrali di Germania, Austria e Olanda. Ma se anche questa battaglia è stata vinta da Draghi, con un lascito di sangue e feriti, l’esito della guerra è ancora incerto e sull’efficacia dell’Omt pende la spada di Damocle del giudizio della Corte federale tedesca.
Insomma, che la Bce stia adottando una politica monetaria espansiva in grado di salvare euro ed Europa, ai tedeschi proprio non va giù. Perché hanno altri interessi e, al momento, stanno più che bene così: il loro export tira anche in presenza di una moneta forte, la disoccupazione è ai minimi storici e il costo del denaro è quasi negativo. Per questo si preoccupano di Draghi, arrivando a definire il taglio dei tassi “un diktat della nuova Banca d’Italia, con sede a Francoforte”. Ma del paese più potente dell’eurozona quello che deve preoccupare non sono tanto le invettive, quanto le future opposizioni sulle operazioni già annunciate dalla Bce contro la deflazione e il credit crunch (un “nuovo” Ltro e l’Unione bancaria in primis).
Se la Germania scaricherà le poche armi che la Bce ha in questa guerra di posizione, per salvare quel che resta dell’Europa ci si potrà affidare solo al fato. Oppure alla lungimiranza della signora Merkel, che se anche in campagna elettorale sosteneva un aumento dei tassi, ci auguriamo che, chiusa come è ora con i membri dell’Spd a scrivere il programma di una grande coalizione (vera, non per finta come la nostra), sia ben cosciente che non può mettere la Germania contro l’Europa. Magari adesso che non ha più il telefono sotto controllo, potrebbe fare una telefonatina a Mario. (twitter @ecisnetto)
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.