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Dopo le dichiarazioni del neo-procuratore Grasso

Se Bin prova invidia per Binnu

La latitanza di Provenzano non è solo frutto di coperture, ma anche d'una ricerca altalenante

di Davide Giacalone - 24 ottobre 2005

Piero Grasso, appena nominato procuratore generale antimafia, fa una cosa che un mafioso non farebbe: parla senza avere granché da dire. Si piazza davanti ad una telecamera e sostiene che la latitanza di Bernardo Provenzano è stata ed è protetta da larghi strati della società, ivi compresi politici e poliziotti. La caotica forza dell’ovvio s’impone ancora una volta, e nel corso di una giornata si parte da il “tiri fuori le prove”, si passa al “faccia i nomi”, e si approda all’interpretazione autentica: parlavo di tutta gente già scoperta (di secondo o terzo piano) e già arrestata.

Nonostante il tentativo, dunque, Celentano rimane padrone della scena, ed è giusto così. A noi restano da svolgere alcune considerazioni. Don Binnu è latitante da più di quaranta anni. Dirige i suoi affari e trasmette gli ordini mediante “pizzini” che sarebbero bigliettini contenenti testi in vernacolo precamilleresco. Avendoci la sua età, ed avendoci i suoi acciacchi, don Binnu ha talora bisogno di cure, per le quali si reca dal suo medico, o si fa ricoverare in Francia. Tutto questo sarà bene non farlo sapere ad Osama Bin Laden, che altrimenti verrebbe preso da spasmi intestinali ed accessi diarroici per l’invidia.

Ora Grasso consentirà che noi, non disponendo delle sue riservatissime informazioni, da questi fatti si tragga la seguente conclusione: od a cercare Provenzano mandano dei sordomuti non vedenti, dopo avere avuto cura di legare loro i piedi; oppure tanta ben riuscita latitanza si deve ad una fitta rete di complicità e favoreggiamento ambientale (e lo scrivo felice d’essere cresciuto a Palermo). E’ quel che ha detto Grasso, no? Non esattamente. Intanto, venendo Grasso dalla procura che ha istruito i processi contro Andreotti, contro Mannino, contro Contrada, prima di dire cose troppo ovvie per meritare d’essere dette, o troppo azzardate per potere essere dimostrate, sarebbe bene si desse un congruo tempo per riflettere. E non gli sfugga che è pur sempre un’enormità che per lustri e lustri non si riesca ad arrestare una persona. Provenzano può disporre di tutte le infiltrazioni, di tutte le informazioni, ma se è ancora libero lo deve anche al fatto che lo si cerca con scostante passione e pressione. E dato che Grasso era il capo della procura ed ora è il capo dell’antimafia, volendosi escludere che abbia lanciato l’accorata denuncia per sollecitare me al darmi da fare, se ne può dedurre che le sue parole sono state mal spese.

Parlare non sempre è il contrario di tacere. Più appropriatamente direi: a lu cantari l’oceddu e lu parrari lu ciriveddu.

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