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Il fallimento del Partito Democratico

Scissione a sinistra

Migliavacca chiamando all'arresto di Berlusconi prova a ricattare i suoi compagni di partito. Una linea disperata, coperta da un Bersani ancor più disperato. Otterranno una sola cosa, se non saranno sconfitti: la fine del loro partito.

di Davide Giacalone - 15 marzo 2013

La scissione del Partito democratico è già avviata. Può fermarla solo un interno capovolgimento di linea politica, rendendo possibile il lavoro di Giorgio Napolitano e realizzabile la nascita di un governo incaricato di mettere in sicurezza l’Italia. Sostenuto dai parlamentari del Pd, del Pdl e facenti capo a Mario Monti. Ove ciò sia interdetto, ove la linea gotoriana di Pier Luigi Bersani riesca a bloccare le sinapsi della sinistra, non resterà che la via della separazione non consensuale. Chiamando l’arresto di Silvio Berlusconi, non richiesto da nessuna procura, l’onorevole Maurizio Migliavacca si segnala quale squadrista ed esponente dell’inciviltà politica (capace di superare in stoltezza la cantata sulla scalinata), ma sbaglia chi crede che egli ce l’abbia con Berlusconi. Allineandosi al mazziere pentastellato, a quel Vito Crimi che già bazzicò le truppe dipietriste, Migliavacca prova a ricattare i suoi compagni di partito, preparandosi ad accusarli d’intesa con il capobanda di Arcore. Una linea disperata, coperta da un Bersani ancor più disperato. Otterranno una sola cosa, se non saranno sconfitti: la fine del loro partito.

Ciò che guida il Pd bersanizzato è la rabia cieca. E’ sufficiente che tale rozzezza vada a far scopa con la voglia di rivincita che matura in un letto del San Raffaele e nulla più sarà possibile, se non la corsa alle urne. Con la singolarità che non verrebbero viste quale sciagura, ma come approdo felice. Alle urne torneremo presto, ma la gran differenza sta nel collocarle dopo la sicurezza dei conti e la riforma del sistema elettorale o quale surrogato dell’una e dell’altra cosa. La seconda che ho detto, per la pletora d’incapaci che oggi tiene in scacco chi pur vede l’enormità del pericolo.

La tattica della rovina è presto riassunta: Bersani continua a corteggiare Beppe Grillo, figurandosi una scena irreale in cui i suoi parlamentari si sentiranno presto parte del Parlamento, anziché di un aggregato separato e vincente; seguendo tale illusione offre trattative nel corso delle quali spera di corrompere loro, mentre invece si svergogna lui; persevera, pur osservando la propria umiliazione, perché sa che ostruire ogni altra via porta alle elezioni, nel qual caso mantiene il controllo del partito, assicuratogli da una direzione composta da gente che ha perso il senso della realtà e gli tributa l’unanimismo tipico dei congiurati, la sera prima delle idi di marzo (oggi). Se questa tattica, adottata con il ghigno furbesco che fiorisce sul volto degli ottusi, andrà in porto è ovvio che Matteo Renzi non avrà le primarie. E, del resto, se proprio non riusciranno ad evitarle, le perderà nuovamente. Specie se trovano un kamikaze, per il quale ruolo pensano a Fabrizio Barca. A quel punto suppongono che il gioco sia fatto. Ma che gioco è?

Se si rivotasse in quel modo la sinistra potrebbe solo perderci, perché è escluso che conquisti la maggioranza al Senato, mentre quella alla Camere ce l’ha di già, mettendola a rischio. Berlusconi porterebbe la campagna sulla persecuzione, consolidando il suo partito di canterini tremebondi e privi di personalità, e magari spendendo i soldi che la volta scorsa ha risparmiato. Mentre a favore di Grillo potrebbe prendere la parola anche l’ambasciatore iraniano, che di cose italiane mostrerebbe di capirne assai più di quello americano (e lo scrivo da atlantico convinto). Bello scenario, non c’è che dire.

Ma è più probabile che non ci si arrivi, che Renzi rompa, facendo in ritardo quel che avrebbe dovuto già fare, e che un pezzo del gruppo dirigente del Pd, quello più carnalmente togliattiano, abbandoni l’emiliano traumatizzato alla rovina. Ne risulterebbe un Parlamento in cui, comunque, sarebbe necessaria una grande coalizione. Senza avanguardisti del qualunquismo e avversari dell’euro. Scenario migliore? Mica tanto, perché il tempo perso si traduce in danno economico per un Paese in pesante recessione economica e in tragica perdita di peso politico internazionale.

Indigna, profondamente, il fatto che tutto ciò sarebbe evitabile, se solo chi ha sale in zucca avesse anche qualche vertebra. Troppi minuscoli in circolazione. Con questi si passa dal declino al degrado.

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