Scatole cinesi, una regola ci vuole
L’impianto legislativo vuole avere un effetto “monitorio”. Impossibile dire no e bastadi Angelo De Mattia - 05 luglio 2007
Non sono peraltro da sottacere i rischi da controeffetti, legati, per l’Opa, alla necessità di armonizzarla con la normativa che introdurrà il recepimento della corrispondente disciplina comunitaria, frutto di un non felice compromesso come ha detto Padoa-Schioppa, e, per la sterilizzazione, la possibilità che, bloccati i voti di una parte, acquisisca il controllo un’altra parte che però è largamente minoritaria. E ciò in assenza di un divieto di porre in essere la catena societaria, che comunque non avrebbe potuto essere fondatamente introdotto. Insomma, in questi casi, se si vuole evitare il rischio “barba del diavolo” – rasa in una guancia, risorge nell’altra, e così all’infinito – occorre la precisione di un microchirurgo; è necessaria quella che i greci chiamavano “euteleia”, la precisione della mira, nel pensiero, nel giudizio.
Ma è anche vero che tutto l’impianto in tema di sterilizzazione vuole avere un valore essenzialmente “monitorio”: intende far mettere in regola, nei due anni, con il drastico accorciamento, per esempio, della catena di comando, soprattutto chi effettivamente rischia proprie risorse per governare (e non chi, con pochi denari, dovesse controllare un impero di imprese, che difficilmente potrebbe essere rimesso in gioco). Il disegno di legge, insomma, ha un merito particolare: quello di poter far disvelare chi parla solo pro forma in questo campo. L’esigenza di riformare e di superare le scatole cinesi è stata affermata trasversalmente negli schieramenti politici. Ora una proposta c’è: non va bene? E allora quali sono le controproposte?
Si capiscono le controdeduzioni dei mercatisti e dell’Assonime: a questi fenomeni devono pensare l’evoluzione del mercato, la spinta concorrenziale e l’affermarsi di una nuova cultura. Un po’ come il lungo termine di keynesiana memoria. E’ una posizione coerente, ma che ripone fiducia esclusiva nel mercato e nelle leggi vigenti che tuttavia finora non hanno apportato alcuna significativa modifica in questa materia. Occorre ancora attendere? Ma gli altri? Quelli che spesso invocano nuove norme nel campo societario?
Il ministro Padoa-Schioppa, che ha invitato a non fare di un’erba un fascio tra strutture piramidali e scatole cinesi, ha sostenuto che una legislazione sul tema si giustifica solo a fronte di significative evidenze empiriche e attente analisi costi-benefici. Intanto, già è importante applicare la normativa sulle “parti correlate”. In definitiva, Zanda ha smosso le acque. Non è realistico affermare, comunque, che la linea legislativa provocherebbe opacità. Ma, per il resto, possono, invece, conseguirsi dei punti di convergenza tra le diverse visioni, a patto che non ci si limiti a segnare gli errori con la matita rossa e blu nelle proposte altrui. E’ possibile lavorarvi?
Pubblicato su L’Unità
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