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Gli scioperi e il presidente francese

Sarkozy salvi il decisionismo

Le difficoltà transalpine decisive per tutto il continente. Lezione per l'Italia

di Alessandro D'Amato - 21 novembre 2007

Se non è un momento storico, poco ci manca. Le difficoltà in cui si trova oggi la Francia, a causa degli scioperi dei ferrotranvieri contro la riforma dei regimi previdenziali speciali, costituiranno una vera e propria cartina di tornasole per comprendere se la rupture promessa da Nicolas Sarkozy era vera o rappresentava una semplice bufala elettorale. Per questo sarà molto interessante vedere come andrà a finire il braccio di ferro tra l’Eliseo e gli scioperanti: perché da questa partita si capirà se davvero l’epoca della concertazione a tutti i costi ha passato (finalmente) la mano al decisionismo, oppure se nel Vecchio Continente vale ancora l’adagio del Gattopardo, secondo il quale “tutto cambia affinché non cambi nulla”. E la battaglia, arrivata al sesto giorno di scioperi, sta facendo le sue vittime nell’opinione pubblica, visto che i sondaggi danno la popolarità del presidente e del suo primo ministro François Fillon in calo rispettivamente di 5 e 3 punti. Ma Sarkozy sarà tanto più forte quanto più riuscirà a non farsi intimidire dai numeri, visto che si trova davanti l’occasione storica di dimostrare che su un punto fondamentale come la riforma della previdenza –sul quale in Europa alcuni Paesi scontano ritardi ormai clamorosi – è in grado di tenere duro. E di cancellare quindi, insieme a quell’anacronistico privilegio che permette ai lavoratori dei trasporti francesi di lasciare il lavoro (col massimo della pensione) a un’età compresa tra i 50 e i 55 anni, anche la favola di una politica che tratta “ad oltranza” senza soluzione di continuità, alla ricerca continua di quel compromesso a tutti i costi che è la prima causa dell’immobilismo.

E, se Sarkozy riuscirà alla fine a portare a casa la sua riforma, chissà che questo non serva da lezione anche alla nostra, di politica. Che di decisionismo avrebbe davvero un grande bisogno, visto che stamattina andrà in scena invece l’ennesimo vertice – stavolta tra maggioranza e governo – per cercare di trovare uno straccio di compromesso sul protocollo del Welfare, ancora in discussione a quattro mesi dalla sua presentazione. E bisogna sempre ricordare che se il centrosinistra piange, il centrodestra non ha nulla da ridere, visto che nei cinque anni di governo, e pur avendo a disposizione una maggioranza parlamentare ben più ampia di quella odierna, in tema di Welfare può sì appendersi al petto la medaglia di aver fatto la legge Biagi, ma ha pure, con la riforma differita di Maroni, rinunciato anch’esso ad agire con il bisturi sullo stato comatoso della nostra previdenza italiana, vittima, prima ancora che dell’aumento delle aspettative di vita, di decenni di regalie a carico dello Stato. E che oggi si trova strozzata tra una controriforma da una parte, e nessuna prospettiva di cambiamento dall’altra, visto che i sindacati e la piazza continuano a fare paura a destra come a sinistra. Ecco perché, tanto per fare il verso a un celebre detto, il decisionismo logora… chi non ce l’ha.

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