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Che la grandeur francese ci serva da lezione

Sarko e le citofonate del quartierino

Impariamo dal modello francese: governare con responsabilità e stabilizzazione

di Antonio Gesualdi - 12 giugno 2007

Dalla Francia è arrivata la conferma al Sarkozismo. Nessuna svolta antisistema, traumatica, regressiva, ma tutto, è rimasto fortemente, nell"alveo istituzionale. Però una grande svolta, egualmente. Il Presidente della Repubblica francese avrà una maggioranza indiscutibile nell"Assemblea nazionale e, quindi, avrà un grande potere di riforma, ma anche una grande responsabilità. Se fallirà sarà tutta, e solo, colpa sua. Questo è il modello al quale bisognerebbe guardare anche noi italiani: lasciare governare, ma anche avere la possibilità di individuare, senza sofismi, le responsabilità di quel governare.

La Francia sta maturando anche una progressiva stabilizzazione dell"alternanza delle proposte politiche che - come abbiamo più volte ripetuto - non significa solo avere due grandi partiti, ma significa avere tutto un sistema istituzionale ed elettorale in grado di garantire l"alternanza di governo e, appunto, la governabilità. E garantire l"alternanza non significa, necessariamente, che una legislatura governa uno e un"altra legislatura la governa l"altro. In Gran Bretagna laburisti e conservatori governano anche per tre legislature di seguito e nessuno si scandalizza. Ora in Francia l"UMP succede all"UMP ma nessuno si azzarda a parlare di "regime". Intanto lo storico partito comunista francese va completamente negli archivi della storia: non ci sarà un gruppo parlamentare comunista e si annuncia perfino la messa in vendita della mitica sede del PCF. I Verdi e la sinistra estrema seguono a ruota e Jean-Marie Le Pen sembra, ormai, archiviato anch"egli dopo aver tenuto in qualche modo la barra a destra ed essere riuscito a far passare qualche vecchio lepenismo nel più nuovo sarkozismo.

Nelle moderne democrazie gli elettori puniscono fortemente i partiti e i leader di partiti che indicano come scelta esplicita l"astensionismo. Il chiamarsi fuori nelle competizioni elettorali è ritenuto, giustamente, un suicidio annunciato. Quanto a Bayrou dovrà decidere se è meglio fare da stampella ad una Partito socialista azzoppato dalla propria classe dirigente oppure inventare del nuovo. Per ora, in attesa dei ballottaggi, Bayrou si limita a precisare che "non ci sono negoziati con i socialisti" e che sono "false accuse" quelle che indicano che i MoDem "sono a sinistra". Insomma grande fuga dalla sinistra europea continentale e, a quanto pare, anche una smentita a quanto l"allora senatore Giorgio Napolitano, nell"ottobre del 2005, subito dopo le primarie del centro-sinistra, scrisse sul Riformista: "continuo a credere che il socialismo europeo non sia un "cane morto" e rappresenti una realtà molto più viva di un "calderone" (quale Giuliano Amato considera l"Internazionale Socialista) di un organismo inerte (quale egli giudica il Pse)." Polemica che si ripete in questi giorni proprio ad indicare che il nostro Paese è in totale stagnazione di pensiero e di iniziativa politica. "Si sviluppi - scriveva ancora Napolitano - in modo più serio nel futuro il confronto su quali possano e debbano essere - in Europa, anche se guardando agli Stati Uniti e al resto del mondo - le forze reali a cui rifarsi come riformisti italiani, impegnati nella ricerca di forme più impegnative di unità secondo l"ispirazione originaria dell"Ulivo." Dunque se Berlusconi e Bossi andranno al Quirinale non sarebbe male segnalare al Presidente che mentre negli altri paesi - in Europa e negli Stati Uniti - si guarda avanti, noi non possiamo più permetterci di cincischiare sugli psico-pseudo-drammi della sinistra italiana e adesso, pure, sulle "citofonate del quartierino". Avremmo anche altro da fare!

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