Merkel convitato di pietra
Sarkò o Hollande
Quanta fiducia ripongono i francesi nella cancelliera tedesca?di Enrico Cisnetto - 22 aprile 2012
Domanda: non essendo francesi ma avendo in comune con i cugini transalpini l’appartenenza all’eurosistema, a noi italiani conviene di più che alle elezioni presidenziali – oggi, o al massimo il 6 maggio al ballottaggio – vinca Nicolas Sarkozy o François Hollande? Risposta: dipende quanta (residua) fiducia abbiamo nella signora Merkel, vero convitato di pietra a questo voto. Se crediamo che il cancelliere tedesco abbia intenzione di imboccare una strada diversa da quella di rigore a senso unico fin qui percorsa, magari dopo le elezioni federali dell’autunno 2013 (sempre che non sia troppo tardi), allora è utile che venga riconfermato Sarkozy, che ha scelto il ruolo di cane fedele del governo di Berlino perché anche quando si è fatto sentire abbaiare mai ha lanciato un morso tale da impedire, per esempio, che le decisioni riguardanti la Grecia fossero incerte e tardive come lo sono state per ben due anni. Viceversa, se non si coltiva alcuna speranza che i tedeschi cambino linea, o comunque non nei tempi brevi che il permanere della crisi impone (vedi gli spread), allora è decisamente meglio che prevalga Hollande. Naturalmente i cittadini francesi avranno altri parametri, più interni, per giudicare e decidere, ma vista dall’Europa la partita per l’Eliseo ha solo questi caratteri. Perché Sarkozy è una speranza (vi ricordate la “ropture”?) che si è spenta ormai da molto tempo, mentre Hollande non solo non è Mitterand – in comune hanno solo il nome di battesimo e la tessera socialista – ma incarna quella visione conservativa del mondo che, diffondendo l’illusione che l’Europa possa ancora perseguire il trinomio “welfare garantito, lavoro protetto, pensione prima possibile”, rende ancor più improbabile di quanto già non sia che il Vecchio Continente possa vincere la battaglia della competizione globale. Insomma, se fossi francese voterei per François Bayrou pur sapendo che non andrà al secondo turno, ma essendo italiano ed europeo mi preoccupo di sapere se sia più probabile che si possa fare un passo decisivo verso gli Stati Uniti d’Europa con Sarkozy o Hollande all’Eliseo. Confesso che la risposta è difficile. In nome della tenuta dell’euro, la prudenza indurrebbe a preferire l’attuale presidente, la preoccupazione per la mancanza di voci dialettiche nei confronti della Merkel, lo sfidante. Mettiamola così: essendo convinto che per il bene dell’eurosistema, e quindi anche dell’Italia che avrebbe tutto da perdere dallo sfasciarsi dell’unione monetaria, debba tornare a Berlino quella “Große Koalition” che negli anni scorsi è stata la salvezza della Germania e che sarebbe l’unica condizione politica per far assumere ai tedeschi posizioni lungimiranti a favore dell’integrazione europea – tradotto: un solo governo, un solo debito, un solo patrimonio e una sola politica di sviluppo – probabilmente è meglio che a capo della Francia ci sia un socialista. Nella speranza che il grigio Sigmar Gabriel che ha ereditato da Schröder la leadership dell’Spd da un lato riesca a cogliere l’occasione per aprire la porta ad un accordo con Cdu-Csu, e dall’altro eviti che il “compagno Hollande”, magari per dare ascolto al social-comunista-ecologista Jean-Luc Mélenchon, non faccia troppo danno. D’altra parte, non c’è nulla di nuovo: l’Europa si fa, o si disfa, lungo l’asse Parigi-Berlino. Con buona pace di Roma.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
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