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Verso le elezioni

Sadomaso elettorale

La scena suggerisce che se il sistema istituzionale ha bisogno di un lavacro di riforma costituzionale, i protagonisti che lo animano hanno bisogno di una qualificata assistenza psicanalitica.

di Davide Giacalone - 18 gennaio 2013

Qualche profano può credere che a costruire le liste ci siano i professionisti dell’incastro e del successo. Illusi, il più delle volte si tratta di praticoni dello sguscio e della sopravvivenza. La cucina elettorale, in ogni democrazia del mondo, è sporca di sangue e impiastricciata di zucchero, ma punta a sfornare piatti capaci di attirare voti. Anche dalle nostre parti gli schizzi non mancano, ma l’impiattato serve a salvare i cuochi. Faccio un esempio concreto, utile a una riflessione generale: la lista montiana in Friuli Venezia Giulia.

S’era fatto avanti un candidato già forte, capace di crescere nel tempo, il professor Massimiliano Fanni Canelles: non ancora cinquantenne, primario e docente, impegnato in attività socialmente rilevanti, sia in Italia che all’estero. Uno di quei candidati, per intenderci, che potrebbero essere seguiti da un corteo di politici in ginocchio, ciascuno pregante di candidarsi sotto le proprie insegne. Invece lo hanno fatto fuori. Italia Futura lo aveva plebiscitato, con un voto unanime quale capolista della lista Monti, ma quel posto sarà preso da un dirigente dell’Udc, Gian Luigi Gigli. Anch’egli medico e docente, ma con un taglio più marcatamente religioso: presidente dell’associazione internazionale medici cattolici e membro del pontificio consiglio per la pastorale sanitaria. Già eletto per l’Udc, al Consiglio regionale. Due domande: a. ma la lista Monti non doveva essere quella della società civile, non ancora entrata in politica? b. in quella regione manca la lista dell’Udc? Ecco le due risposte: 1. Gigli si è dimesso dall’Udc ben quindici minuti prima di diventare capolista montiano (soffrendo un buon quarto d’ora di solitudine); 2. la lista Udc c’è eccome, tanto che i sondaggi segnalavano la forza di Canelles e la sottrazione di voti, cui il partito di Casini ha rimediato prendendo due capolista di due liste diverse, ma alleate. Della serie: non importa quanti voti si prendono in tutto, conta quanti ne prendo io e gli amici miei.

Sono ragionevolmente sicuro che né Mario Monti né Enrico Bondi ne sanno nulla, leggendo la notizia solo adesso. Non sono sicuro, invece, che si rendano conto del suo significato: sono degli ostaggi.

Scaricare tutta la colpa sul sistema elettorale è un errore. Il nostro è penoso, mescolando i difetti del proporzionale con il premio di maggioranza, ma il problema non è l’assenza di preferenze (molte democrazie non sanno neanche cosa siano, e, del resto, dove le preferenze ci sono, come nei Consigli regionali, i risultati non sono incoraggianti), il problema è l’assenza di politica. I voti verranno spartiti per adesione identitaria o per rifiuto dell’altro. La classe politica che ne deriverà sarà al di sotto della media dei capi che se la sono scelta. I capi sono al di sotto dell’accettabile. E, quel che è peggio, anziché avere una società che reagisce producendo idee e chiedendo politiche assistiamo a una delirante moltiplicazione di soggetti che si autoproclamano leader e capi carismatici, facendo riprodurre le loro facce, tendenzialmente inespressive, su manifesti sempre più grossi.

L’insieme della scena suggerisce che se il sistema istituzionale ha bisogno di un lavacro di riforma costituzionale, i protagonisti che lo animano hanno bisogno di una qualificata assistenza psicanalitica.

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