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La trasformazione doveva cominciare nel 2001

Rutelli e Veltroni: democratici sì o no?

Incoraggiamo il loro tentativo. Ma è patologico che Prodi si ricandidi nel 2006

di Davide Giacalone - 02 dicembre 2005

Se il tentativo, di Rutelli e Veltroni, di dare vita ad un Partito Democratico esiste, va incoraggiato. Non perché si senta il bisogno di un nuovo partito, anzi. Perché si sente la mancanza di una sinistra di governo.

Il loro tentativo, se esiste, non può che prendere le mosse dal necessario superamento di ogni identità ed eredità comunista. Bolscevichi non sono mai stati, né l’uno né l’altro, ma la sinistra ha il disperato bisogno che non si reclami continuità con un passato vicinissimo e sbagliatissimo, dove una politica estera incompatibile con la libertà si mescolava con la dipendenza dai nemici della libertà. Non è una fisima, e Veltroni lo sa bene.

Poi occorre abbandonare il terreno della contrapposizione moralista, che è la radiazione fossile della guerra civile a bassa intensità, praticata negli anni della guerra fredda. Il centro destra deve essere attaccato e criticato, ma non perché ne è leader il Tizio od il Caio, bensì perché non assolve a quelli che sono i suoi doveri: liberalizzazioni, deregolamentazioni, attenzione non alle classi ma ai consumi, diminuzione delle tasse e della spesa pubblica, demolizione dei corporativismi. E dopo averlo attaccato occorre dire, chiaro e tondo, che quelle cose le farà la sinistra di governo, che sarà diversa dalla sinistra di propaganda proprio perché questa seconda accusava il centro destra di far troppo e non troppo poco. E le farà perché sono le cose da farsi nell’interesse del Paese. Così come metterà mano ad una profonda riforma degli studi, con l’abolizione del valore legale del titolo di studio, in modo che siano i più meritevoli e non i più protetti ad andare avanti. E metterà mano ad una riforma della giustizia che trascuri le fregole dei togati ma si occupi del vero problema: rendere giustizia, penale e civile, ad un’Italia che non ne conosce più il sapore.

Il loro tentativo, se esiste, non può in nessun caso prescindere dall’incardinarsi su una politica estera inequivocabilmente saldata ai valori della democrazia e della libertà, in una partnership ideale con inglesi e statunitensi che aiuti l’Europa a non essere il cimitero dei dinosauri politici e dell’egoismo pingue.

Se esiste, questo tentativo, deve essere esplicitato oggi, anche con il coraggio di dire che riportare Prodi a Palazzo Chigi, ove ci riescano, a capo di una coalizione che ha già dato prova di non potere funzionare, è follia autodistruttiva. Questo lavoro, per la verità, questo sforzo di rigenerare la sinistra e candidarla a governare (a governare, non a vincere le lezioni e basta), andava fatto a partire dall’indomani delle elezioni del 2001. Meglio tardi che mai. Quello che, però, proprio non si può fare, è rimandare quel lavoro, con i traumi che si porta dietro, a dopo le elezioni del 2006. A meno che, fin da ora, non si scommetta sulla sconfitta della sinistra.

Il fatto che Berlusconi sia ancora candidato, l’anno prossimo, è del tutto fisiologico, perché egli è stato capo del governo per una legislatura, e non si conosce democrazia nella quale chi governa non si sottoponga poi al giudizio degli elettori. Ma il fatto che a capo del centro sinistra ci sia ancora Romano Prodi, no, quello è patologico. E se vincerà porterà la patologia al governo.

Quindi, se il tentativo di Veltroni e Rutelli esiste, va incoraggiato. Magari loro potrebbero usare la cortesia di farci sapere se esiste davvero.

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