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Una chance per finanziarie i programmi dell’Ue

Ritorna l’ipotesi di emissione di <i>eurobond</i>

“Risvegliamo” l’argomento e sottoponiamolo ad una seria analisi, prima di accantonarlo

di Angelo De Mattia - 28 gennaio 2009

Se ne era parlato lungamente diversi mesi or sono, nelle sedi comunitarie, anche sulla base di proposte italiane. Ma, alla fine, si era giunti a non farne nulla o a prospettare soluzioni alternative, meno impegnative. La possibilità di prevedere l’emissione di eurobond per finanziare programmi dell’Unione era stata, in conclusione, accantonata. Si era ripiegati sulla valorizzazione di una funzione del genere da parte della Bei, istituzionalmente preposta a tale operatività. Insieme con la suddetta possibilità – e spesso in un intreccio di proposte – si era cercato di sospingere un progetto di utilizzo delle riserve in eccesso della Bce, del pari con la finalità del sostegno di settori economici prioritari. Anche questo progetto, tuttavia, era stato poi lasciato cadere, considerata la numerosità di controindicazioni, innanzitutto sul piano istituzionale.

Peraltro, in questi giorni, nel pieno della crisi finanziaria ed economica – e mentre si diffonde l’acronimo Pigs con riferimento a Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, paesi ritenuti con minore rigore fiscale – ritorna improvvisamente a fare capolino l’ipotesi dell’emissione di eurobond. Si potrebbe osservare che, nel vivo della crisi, altre sono ora le priorità: non certo quella di promuovere uno studio preliminare assai complesso che dovrebbe affrontare profili istituzionali e di bilancio, inediti aspetti tecnico-finanziari, ricadute sullo stretto versante giuridico, analisi dei mercati. Ma il primun movens sarebbe, ovviamente, la volontà degli Stati-membri dell’Unione di aderire a un’ipotesi della specie. Uno studio di fattibilità su questa materia, per forza di cose, non potrebbe avere ricadute a breve termine.

Del resto, in mercati oggi fortemente turbolenti, immettere un nuovo titolo – si pure espressione di un insieme di emittenti più solido di molti Paesi membri – potrebbe essere motivo di disorientamento anche per il collocamento dei titoli del Tesoro dei diversi Stati. Addirittura, si potrebbe ingenerare il sospetto che il ricorso al “titolo europeo” avviene per la pecezione di problemi nell’assorbimento dello obbligazioni statali in alcuni Paesi.

Dunque, l’idea andrebbe nuovamente accantonata? Nonostante tutto, non sarei così drastico. La crisi potrebbe, per converso, favorire la messa a punto di programmi comunitari di risposta ad essa che, per esempio, abbraccino settori fondamentali da sostenere. Nascerebbe così l’esigenza che, a fronte di un “impiego” comunitario, vi sia anche una “raccolta” comunitaria. Qui, però, si presenta il punctum dolens: è realistica una convergenza tra Stati per una linea di contrasto unitaria, una linea finora clamorosamente mancata nonostante svariati tentativi di attuarla?

Se questa confluenza si verificasse – ma è tutto da vedere – allora si potrebbe ipotizzare che i bond siano emessi dall’Unione europea, in quanto tale. Ciò comporterebbe probabilmente la revisione del Trattato Ce nella parte che detta le disposizioni finanziarie (art.268 e segg.) nonché in tema di possibili iniziative economiche (da coordinare con il ruolo di regolatore).

Poi, andrebbero affrontati i problemi prima prospettati, sapendo bene che il bilancio comunitario si regge sull’apporto dei singoli Stati e che l’Unione non dispone di una politica economica come quelle nazionali. Insomma, l’Europa si configurerebbe come un organo che si interpone – con maggiori garanzie - tra i singoli Stati e i risparmiatori per il finanziamento di iniziative comuni, consentendo ai Paesi membri di sostenere minori oneri per il premio al rischio dei titoli pubblici e tutelando meglio, in modo più solido, i portatori della nuova obbligazione. Non è immaginabile, almeno inizialmente, che gli ammontari delle emissioni siano di grandissima rilevanza.

Il sentiero sul quale si muoverebbe una disamina del genere è strettissimo. Se si decampa, allora possono apparire più utili altre soluzioni – a cominciare da quella del solito ricorso alle funzioni della Bei – che esigono minore progettualità e più ridotto impegno nella “costruzione”. Insomma, per ora, sarebbe sufficiente “risvegliare” l’argomento e sottoporlo ad una seria analisi. Le conclusioni ci diranno se è opportuno proseguire o no verso la realizzazione.
Ciò che, invece, è da evitare è l’agitazione di questo tema in termini generalgenerici, quasi da slogan: il modo migliore per affossarlo definitivamente.

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