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Strategie oltre la crisi

Radici lontane, rami intrecciati

An e Udc sono destinate ad avvicinarsi, con vantaggi non solo nel Centrosud…

di Donato Speroni - 21 aprile 2005

Comunque finisca questa crisi di governo, una cosa è certa: Silvio Berlusconi non stima i suoi alleati dell’Udc e di An. D’altra parte i dirigenti dei due partiti che lo hanno costretto alle dimissioni formali accetteranno (se accetteranno) di reimbarcarsi in un nuovo governo solo per mancanza di alternative: la rottura dell’alleanza ibrida che ha portato alla nascita della Casa delle libertà e l’eventualità di un ricorso anticipato alle urne sono vissute dai dirigenti dei due partiti come iatture da evitarsi per timore di un disastro elettorale. E’ davvero così? Non c’è dubbio che i due partiti avrebbero tutto da perdere se si presentassero alle prossime elezioni in ordine sparso. Ma in prospettiva il centrodestra può rigenerarsi solo con uno sdoppiamento in due assi, quello tra Forza Italia e Lega e quello tra An e Udc, secondo linee di frattura che sono ormai evidenti a tutti. Le ultime elezioni hanno dimostrato che esiste un elettorato che non è più disposto a subire imposizioni dalle estreme: rifiuta la candidatura del magistrato Felice Casson a Venezia, ma anche fa mancare, in gran parte d’Italia, suffragi ai partiti che hanno votato la devolution, indebolendoli proprio in quegli istituti regionali che apparentemente la nuova riforma vorrebbe rafforzare. Un elettorato che non crede più al mito pseudoliberista dello sviluppo attraverso l’abbassamento delle tasse, ma chiede invece sicurezza e tutela, magari con più Stato (De Rita). Le analisi elettorali portano a dire che Forza Italia è in caduta libera, ma che non tutti i voti del centrodestra sono disposti a trasferirsi al centrosinistra (Pagnoncelli), almeno finché la sinistra verrà fortemente condizionata dal duo Prodi - Bertinotti. E che l’Udc guadagnerebbe voti se si presentasse da sola (Mannheimer), anche se i meccanismi elettorali la penalizzerebbero nei seggi. Esiste dunque un’area di centro contendibile (come ha ben compreso Francesco Rutelli e la sua Margherita) e sarebbe strano che gli esponenti del centro e della destra “ sociale” incarnata da An non ci facciano un pensierino, in vista di un sempre più necessario e richiesto mutamento del sistema elettorale. Come due alberi con radici lontane ma che si intrecciano nella foresta della politica, l’Unione democratica di centro e Alleanza nazionale hanno profonde differenze storiche ed ideologiche: basti pensare alla loro provenienza, dalla Democrazia Cristiana la prima, dal Movimento Sociale la seconda. La loro visione attuale ha però molti punti di contatto: il legame con gli insegnamenti della Chiesa, l’attenzione al Mezzogiorno, l’accento sulla socialità nelle scelte economiche, la profonda diffidenza verso il federalismo bossiano. Sarebbe strano che non intensificassero il loro dialogo. Del resto qual è la loro alternativa se non quella di continuare a farsi oscurare dall’ombra (al tramonto) di Berlusconi? Una loro alleanza avrebbe un forte radicamento nel Centrosud, dove certamente la presa di distanza da Berlusconi e Bossi li avvantaggerebbe, ma potrebbe avere anche proiezioni importanti oltre il Po, dove l’Asse del Nord comincia a perdere colpi. Quale potrebbe essere lo sbocco di tutto questo? Proviamo a fare un’ipotesi: forze di centrosinistra e di centrodestra, libere dai condizionamenti delle estreme, potrebbero trovare punti di contatto per una fase costituente del paese. Una grande e contingente alleanza per far fronte al declino, per poi dar vita a una vera alternanza, in sostituzione di questo bipolarismo bastardo.

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