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Il grande successo della fiaccolata pro Israele

Quando l’Italia sa essere unita

Ci sono battaglie condivise da una grande maggioranza. Non poco, in tempi difficili

di Antonio Picasso - 04 novembre 2005

Siamo folli, d’accordo. E pure imprevedibili. Tuttavia, la pazzia collettiva del popolo italiano, alle volte, porta buoni frutti. Ultimo esempio è la fiaccolata di ieri di fronte all’ambasciata iraniana a Roma. Missione compiuta, allora, quella del Foglio di Giuliano Ferrara, di riunire tutti in una grande manifestazione di protesta contro le inaccettabili bordate anti-israeliane del presidente dell’Iran, Mahmoud Ahmadinejad. C’erano tutti? No. Ma questo non importa. Perché, comunque, le frange laterali hanno poco peso in queste situazioni. È rilevante, invece, l’unità che l’evento ha saputo creare. Un’unità bellissima, quanto rarissima.

L’Italia è uno strano paese. Una “non nazione” capace di non arrivare mai a un dunque anche per la più piccola e insignificante quisquilia. Siamo capaci di scannarci, di non essere – e di non voler ostinatamente essere – d’accordo su un qualcosa. Dai treni ad alta velocità, all’installazione di un semaforo sotto casa. L’Italia dalle cento torri, dai mille litigi e dalle migliaia di idee, sempre una diversa dall’altra.

Ogni tanto, però, inaspettatamente anche per noi, ci troviamo tutti uniti. Qualcuno lancia l’idea e, istintivamente, con un entusiasmo senza paragoni, tutti la seguiamo. Perché è giusta e non c’è nient’altro da discutere. Così è stata la fiaccolata pro-Israele di ieri. Ultimo caso di questa follia positiva italiana. È stata bella ed è riuscita bene. Nulla di più, se non la constatazione che sui temi davvero importanti è possibile realizzare una grande unità: un valore da tener presente, in questi tempi difficili.

Solo in un punto, forse, si sarebbe potuto far meglio. L’iniziativa di Ferrara, infatti, avrebbe potuto essere non solo italiana, ma europea. Nei giorni in cui l’Onu sta, finalmente, fissando il 27 gennaio, come giornata della memoria, per la commemorazione dell’Olocausto, contemporaneamente al triste anniversario, già dieci anni fa, della morte di Yitzhak Rabin, l’Europa avrebbe potuto far sentire la propria voce. Una voce unica, ferma e di pace, proveniente dal continente che ha conosciuto la Shoah e diretta contro qualunque atteggiamento fondamentalista, integralista e guerrafondaio. Berlino, Bruxelles, Londra, Madrid e Parigi avrebbero dovuto seguire l’esempio romano. È mancato il contatto. È mancata l’iniziativa comune.

Pazienza però. Il silenzio del resto d’Europa non ha rimbombato più di tanto qui in Italia. Perché in piazza Santa Costanza la musica era alta e la spontaneità si sentiva. L’importante, adesso, è rendersi conto che quella di ieri è stata una grande serata per il Paese. Un successo per tutta l’Italia. È giusto riconoscerlo. È giusto proseguire su questa strada.

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