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Ripartiamo dall'Assemblea Costituente

Può cambiare il governo, non migliora la governabilità

Le elezione regionali puniscono il centro-destra, ma con questo sistema elettorale anche L'Unione non potrà fare meglio

di Cesare Greco - 06 aprile 2005

I risultati delle elezioni regionali segnano una sconfitta politica grave e inequivocabile per il centro-destra. La nuova geografia politica che si è delineata mostra l'intera penisola contrapposta all'enclave lombardo-veneta, rimasta fedele, anche se meno di prima, alla Cdl. Nel complesso, comunque, ciò che colpisce è da una parte il calo vistoso di voti del partito del premier, dall'altra la sconfitta subita anche in quelle regioni, come Lazio e Puglia, che ad inizio campagna elettorale venivano considerate sicure, anche per merito di due governatori, Storace e Fitto, che non avevano governato male e contro i quali l'Unione aveva schierato due candidati sulla carta non irresistibili. Evidentemente questo risultato completa quella parabola discendente iniziata con le suppletive e le europee, mettendo in mostra un trend inarrestabile. L'azione politica del governo e del suo leader indiscusso non solo non è riuscita a farsi apprezzare presso gli elettori, ma ha evidentemente creato un tale livello di sconcerto e scontentezza da spostare importanti pacchetti di voti verso il centro-sinistra, essendo rimaste pressoché invariate le percentuali di astensione ed essendo risultate irrilevanti le percentuali ottenute dalle liste della Mussolini e altre minori. L'elettorato italiano, e dai primi risultati di lista quello di Forza Italia in particolare, non hanno apprezzato quelle che da parte del governo sono state sbandierate come grandi riforme per rilanciare il sistema paese. La riforma fiscale non è stata percepita né dai cittadini come una riforma equa, né dal mondo imprenditoriale come un incentivo agli investimenti. La riforma costituzionale e il cedimento totale ai ricatti localistici della Lega hanno finito per spaventare proprio quell'elettorato di destra che, nello spezzettamento dello stato nazionale e nella devolution, vede il crearsi di disuguaglianze sociali a scapito delle realtà più deboli del mezzogiorno; e il mezzogiorno è letteralmente fuggito via. In sostanza la sensazione diffusa di una politica lombardocentrica e berlusconicentrica (ivi compresi gli amici del premier) hanno finito per dar vita ad una significativa fuga verso lo schieramento contrapposto. A fronte di una esagerata, ostentata a volte in maniera irritante, soddisfazione del premier per le cose fatte, agli occhi dei cittadini i conti, in questi quattro anni, evidentemente non tornavano e la sensazione del declino generale ha finito per togliere credibilità ad una propaganda troppo televisiva e scarsamente aderente alla realtà. Senza voler nulla togliere ai meriti dello schieramento di centro-sinistra, la sconfitta della Cdl è tutta interna ad essa e testimonia un'allarmante incapacità di cogliere i sentimenti degli elettori, i sentimenti reali, non quelli virtuali dei sondaggi più o meno creati ad uso e consumo del principe. Dalle prime reazioni ufficiali del centro-destra si colgono da una parte un desiderio mal represso di resa dei conti, dall'altra un arroccamento a difesa delle riforme attuate e attuande che testimoniano confusione e carenza di lucidità. D'altro canto, la vittoria dello schieramento di sinistra, così come si è venuto a configurare, non induce all'ottimismo quanti, come noi, hanno sperato e sperano in un radicale cambiamento del quadro politico, con un riassemblaggio degli schieramenti attualmente raggruppati nei poli contrapposti. Al di là dei numeri, rimaniamo convinti che, con l'attuale sistema elettorale, nessuno dei due schieramenti sarà in grado di offrire risposte coerenti al Paese. Non c'è riuscito fino ad ora il centro-destra, nonostante una schiacciante maggioranza parlamentare, bloccato e ricattato da una Lega che, con il suo forte egoismo localistico, rappresenta una minoranza nel paese ma risulta determinante nell'assegnazione dei seggi nella sua enclave lombardo-veneta e, siamo convinti, non ci riuscirà il centro-sinistra dell'asse Prodi-Bertinotti-Movimenti all'interno del quale permangono differenze enormi in politica economica e visioni contrapposte in politica estera. La vittoria alle regionali obiettivamente rafforza tale asse e indebolisce quanti non avrebbero visto negativamente l'apertura di un dialogo con le componenti più aperte dell'altro schieramento. Non sappiamo, infatti, quanto oggi sarebbe riproponibile un'operazione come quella che ha portato la Margherita a schierare a Venezia Massimo Cacciari, in contrapposizione al candidato prodianbertinottiano Felice Casson. Al di là dei risultati, comunque, i problemi che in questi anni abbiamo denunciato restano tutti e del tutto insoluti. La proposta di un'Assemblea Costituente che eviti lo scempio che della Costituzione si è fatto nelle ultime due legislature, in maniera alternata da ambedue gli schieramenti, rimane più attuale che mai, se si vuole evitare l'affermarsi della legge della giungla e l'incertezza delle garanzie fondamentali esposte ai colpi di mano delle diverse maggioranze. Le forze politiche più accorte e le forze vive del Paese, che sulla loro pelle finiscono per sperimentare gli effetti del declino istituzionale ed economico, non possono far finta di non vedere le devastanti conseguenze che questo sistema bipolare bastardo ha già avuto sul sistema paese e non possono far finta di non capire che, in mancanza di un radicale cambiamento del sistema elettorale, non sarà possibile in futuro alcuna seria politica di rilancio. Oggi più che mai occorrono uno sforzo di fantasia e un atto di coraggio da parte di chi più avverte la responsabilità del futuro.

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