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Dopo la svolta del Fondo Monetario

Progetto realistico per l’Authority

La verifica sui conti può essere affidata alla Commissione di garanzia, purché rinnovata

di Donato Speroni - 04 novembre 2005

“La presentazione del bilancio italiano si colloca ben al di sotto delle pratiche di trasparenza adottate dagli altri paesi industriali ed ha urgente bisogno di miglioramenti”. Non è la prima volta che il rapporto finale al termine della missione annuale del Fondo Monetario evidenzia i difetti della nostra contabilità di stato. Lo aveva già fatto, per esempio, nel 2002, invitando Istat, Banca d’Italia e ministero dell’Economia a un maggior coordinamento.

Oggi gli ispettori del Fondo riconoscono che il lavoro svolto tra i tre soggetti pubblici (che hanno dato vita a una commissione comune) è servito a ridurre gli elementi d’incertezza connessi alle differenze tra contabilità di cassa e competenza, ma evidenziano nuovi elementi di confusione connessi in particolare al fumoso concetto di “tendenziale”, che viene usato per presentare come “certe” alcune entrate che “certe” non sono, quali ad esempio le vendite di beni pubblici. Per la prima volta il Fondo auspica la nascita di un “independent fiscal council” (un soggetto autonomo) per “valutare le proposte e le tendenze e stimolare un dibattito sui temi di bilancio, capitalizzando sull’utile lavoro svolto dalla Corte dei Conti e da altri”.

Il cambio di tono rispetto al 2002 è significativo. Nel rapporto metodologico redatto allora, il Fondo si limitava ad auspicare che “la responsabilità di compilare un sistema generale di statistiche pubbliche” sul bilancio dello Stato fosse affidata a un unico soggetto. Ora invece siamo al di là della sfera della mera statistica pubblica descrittiva, perché secondo il Fondo non si tratta solo di razionalizzare e certificare i dati sull’esistente, ma di “valutare le tendenze e stimolare un dibattito”: funzioni politiche, che richiedono una vera e propria Authority di controllo.

Non è frequente che il Fondo avanzi una proposta del genere, che inevitabilmente mette sotto tutela i responsabili del governo dell’economia; ma in Italia, secondo gli ispettori del Fmi, questa riforma si giustificherebbe “per la gravità delle sfide che il Paese deve affrontare sui conti pubblici”.

Dunque prende corpo il fantasma dell’Authority sui conti, che da tempo aleggia nel dibattito politico: una proposta avanzata in passato dal governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e ora rilanciata dal senatore Udc Ivo Tarolli e dal viceministro dell’economia Mario Baldassarri, in quota An; una proposta assai sgradita al ministro dell’Economia Giulio Tremonti.

Si tratta di un progetto realistico? In un commento sul Sole 24 Ore, l’economista Riccardo Faini ha espresso qualche perplessità sulla creazione di nuove istituzioni che “complicherebbero ulteriormente un quadro già troppo complesso” ed ha allargato il discorso sulle funzioni di tutte le istituzioni incaricate di “dare i numeri” sul bilancio dello stato.

Mi sembra un’impostazione corretta. Se si vuole porre mano a questa materia, sarà bene affrontare più in generale il tema della credibilità delle statistiche quando toccano temi d’interesse politico. In Italia tutti i numeri, non solo quelli sui conti pubblici, sembrano opinabili: quelli che riguardano la dinamica del Pil, messi in dubbio da chi sostiene che sottovalutano il sommerso, a cominciare dal presidente del Consiglio; quelli sull’occupazione, che secondo alcuni (talvolta i sindacati, talvolta la Confindustria) non rispecchierebbero l’effettiva situazione per carenze metodologiche; quelli sui prezzi, investiti da bordate di critiche da parte delle associazioni dei consumatori ad ogni rilascio mensile.

Molte di queste critiche sono strumentali, ma al di là della doverosa difesa d’ufficio da parte dell’Istituto Nazionale di Statistica, spetterebbe a un soggetto indipendente rispondere, certificarne la qualità e se necessario segnalare le metodologie da migliorare. Nell’ordinamento statistico italiano questa funzione è affidata alla Commissione per la garanzia dell’informazione statistica. Purtroppo la Commissione non è mai riuscita a svolgere il suo lavoro in modo credibile, ma se si vuole davvero che i numeri del Paese siano accettati in modo bipartisan è da lì che bisogna cominciare a ragionare.

Una specifica autorità sui conti pubblici sarebbe difficilmente realizzabile sul piano politico. Magari può anche passare con un blitz parlamentare, ma non sarebbe poi in condizione di lavorare col necessario consenso. Si potrebbe invece puntare ad un rafforzamento della Commissione di Garanzia, sostituendola con un soggetto effettivamente autonomo, dotato di personale e mezzi adeguati. Il nuovo soggetto avrebbe una funzione di controllo sulle metodologie dell’Istat (e anche degli altri soggetti della statistica decentrata, un tema sempre più importante nel quadro del federalismo) e dovrebbe accompagnare con proprie valutazioni il processo di formazione del bilancio pubblico.

Dove collocare questo nuovo soggetto? Certamente non deve stare sotto la Presidenza del Consiglio, come è l’attuale Commissione di garanzia. Semmai, dovrebbe essere alle dirette dipendenze del Parlamento. Oppure potrebbe essere accasato presso il Cnel: ai suoi lavori infatti dovrebbero partecipare rappresentanti della cosiddetta “società civile”, sindacati e associazioni dei consumatori, che spesso contestano i numeri della statistica pubblica. Villa Lubin potrebbe quindi essere una sede adatta per questo lavoro, sempre che al Cnel si voglia attribuire qualche funzione effettivamente utile.

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