Far scomparire l'euro
Prendendo il fresco
Monti deve ammettere che la crisi arriva dall'euro e non dai debitidi Davide Giacalone - 12 gennaio 2012
Mario Monti sbaglia a negare che ci sia una crisi dell’euro. Ha ragione nel dire che la criticità si concentra in quei Paesi con alto indebitamento pubblico e scarsa disciplina finanziaria (laddove noi si ha un debito enorme, ma anche un avanzo primario), ma ha torto nel sostenere che la crisi arrivi dai debiti e non dalla moneta unica. Si può dire che non sia in crisi la valuta e il suo andamento nei mercati, ma lo è la moneta e la sua consistenza istituzionale. Negarlo è un errore “tecnico”, con rispetto parlando, ma soprattutto un pericoloso errore politico. E’ come se il professore facesse di tutto per ben figurare agli occhi della Germania, laddove gli interessi dell’Italia confliggono aspramente con la dottrina Merkel (non condivisa da tedeschi di ottimo conio). Noi non dobbiamo chiedere che la Germania ci aiuti, dobbiamo chiarire che stiamo soffrendo in nome dell’euro, moneta destinata a saltare se pensano di metterla sul nostro conto.
I tassi d’interesse non solo scenderanno, ma tenderanno a diminuire i divari, il celeberrimo spread, quando l’Europa si doterà di una vera banca centrale e non avrà paura di stampare moneta. Nel frattempo ritardare di dodici mesi la partenza del rientro dal debito per ricondurlo al 60% del pil, il che significa, per l’Italia, venti anni di manovre da 40-45 miliardi a botta, equivale a tenere il condannato nel braccio della morte, salvo annunciargli che la sedia elettrica sarà pronta solo fra qualche mese. Basta pazientare. Più che altro ricorda la storiella sull’ottimismo, in cui si narra di un Tale caduto dal quarantesimo piano e che al ventesimo, a chi gli chiede che sta succedendo, risponde: per ora prendo il fresco. Non si tratta di criticare Monti perché ha portato a casa troppo poco, giacché è il compito è assai difficile. Ma neanche si può fare credere che sia una conquista la semplice dilazione. Lo sarà per chi governa oggi, non per chi conta di campare anche domani.
I giornali hanno scritto che l’agenzia Fitch si appresta a declassare ulteriormente la sostenibilità del debito italiano. E’ una parte della realtà. Non la più rilevante. Quel che Fitch sostiene ci porta ad un bivio: o cambia la posizione tedesca o l’euro entra in coma irreversibile. Altro che chiedere aiuto e comprensione! Relativamente all’Italia scrivono: un debito così alto, con tassi così alti, nell’imminenza di una recessione, è sostenibile solo se cresce la massa monetaria, se si stampa moneta. Incontrovertibile. Siccome l’Italia non lo può fare da sola, e siccome l’euro è una valuta straniera che teniamo in tasca come se fosse la nostra, ne deriva che il debito è insostenibile. Vero. Ma ciò significa che schiantiamo non per il livello del debito (che quello pubblico è inferiore a quello di altri Paesi, che lo reggono benissimo, e quello complessivo è inferiore a quello francese), ma per le scelte compiute dai tedeschi e subite dai francesi (che reagiranno tardi e male, secondo i canoni della vecchia storia europea, che certi presunti statisti non hanno studiato o non hanno capito).
In queste condizioni il nostro dovere non è quello di piatire comprensione, ma di illustrare i passaggi successivi: va bene, ci volete morti? sappiate che non intendiamo suicidarci, sicché di manovre recessive e tassatorie, come quella appena fatta, non ne ripetiamo altre, mentre l’idea di avviare un ciclo penitenziale di venti anni, recedendo e impoverendoci perché ci chiedete di firmare nuovi patti, superando Maastricht, ve lo togliete dalla testa. Sappiamo bene che il prezzo del crollo dell’euro è impressionante, ma l’alternativa non può essere una non meno impressionante sudditanza a classi politiche altrui. Per niente eccelse. Quindi: ciao. Con il nostro saluto ci portiamo appresso non pochi problemi, ma vi comunichiamo che le vostre banche saltano subito, perché sono zuppe di soldi pubblici e speculatrici sul nostro stesso debito. Salutatele. Se le volete tenere in piedi, il che vale per i tedeschi, ma specialmente per i francesi, dovete pomparci dentro altri soldi pubblici, di fatto nazionalizzandole. Dopo di che vi troverete con un debito pubblico simile al nostro, ma con un debito complessivo superiore. Quindi affogherete nella palta ove volevate lasciare noi. E noi osserveremo da fuori, svalutando e cercando di fregarvi per ogni dove, nei mercati, nel frattempo consolidando il nostro rapporto con gli Stati Uniti, giacché esiste ancora la geopolitica.
Vi fa paura, questa prospettiva? Lo capiamo. Non piace neanche a noi. Ma questo è un buon motivo perché voi cambiate posizione. Non perché dobbiate avere pietà di noi, ma di voi stessi. Il prossimo Consiglio straordinario, previsto il 23 gennaio è la sola sede in cui si possa fermare la corsa dell’euro verso la scomparsa. Rispetto a quel fine si devono valutare gli incontri bi o trilaterali. Il resto è folklore. Misurare i giudizi in modo da essere più o meno dalla parte di Monti, o quirinalofili, significa essere ciechi. Mario Monti è il capo del governo italiano nel momento in cui si giunge alla sfida finale, quindi egli rappresenta i nostri interessi. Punto. Si rimangi l’errore, dica che è l’euro la causa del dramma chiedendone la correzione. E’ il solo europeismo possibile. Se, invece, si farà incastrare dalle colpe italiane, dimostrando scarso orgoglio nazionale e scarsa consapevolezza europea, sarà responsabile di una pagina pessima. Destinata a scontarsi nel futuro.
I tassi d’interesse non solo scenderanno, ma tenderanno a diminuire i divari, il celeberrimo spread, quando l’Europa si doterà di una vera banca centrale e non avrà paura di stampare moneta. Nel frattempo ritardare di dodici mesi la partenza del rientro dal debito per ricondurlo al 60% del pil, il che significa, per l’Italia, venti anni di manovre da 40-45 miliardi a botta, equivale a tenere il condannato nel braccio della morte, salvo annunciargli che la sedia elettrica sarà pronta solo fra qualche mese. Basta pazientare. Più che altro ricorda la storiella sull’ottimismo, in cui si narra di un Tale caduto dal quarantesimo piano e che al ventesimo, a chi gli chiede che sta succedendo, risponde: per ora prendo il fresco. Non si tratta di criticare Monti perché ha portato a casa troppo poco, giacché è il compito è assai difficile. Ma neanche si può fare credere che sia una conquista la semplice dilazione. Lo sarà per chi governa oggi, non per chi conta di campare anche domani.
I giornali hanno scritto che l’agenzia Fitch si appresta a declassare ulteriormente la sostenibilità del debito italiano. E’ una parte della realtà. Non la più rilevante. Quel che Fitch sostiene ci porta ad un bivio: o cambia la posizione tedesca o l’euro entra in coma irreversibile. Altro che chiedere aiuto e comprensione! Relativamente all’Italia scrivono: un debito così alto, con tassi così alti, nell’imminenza di una recessione, è sostenibile solo se cresce la massa monetaria, se si stampa moneta. Incontrovertibile. Siccome l’Italia non lo può fare da sola, e siccome l’euro è una valuta straniera che teniamo in tasca come se fosse la nostra, ne deriva che il debito è insostenibile. Vero. Ma ciò significa che schiantiamo non per il livello del debito (che quello pubblico è inferiore a quello di altri Paesi, che lo reggono benissimo, e quello complessivo è inferiore a quello francese), ma per le scelte compiute dai tedeschi e subite dai francesi (che reagiranno tardi e male, secondo i canoni della vecchia storia europea, che certi presunti statisti non hanno studiato o non hanno capito).
In queste condizioni il nostro dovere non è quello di piatire comprensione, ma di illustrare i passaggi successivi: va bene, ci volete morti? sappiate che non intendiamo suicidarci, sicché di manovre recessive e tassatorie, come quella appena fatta, non ne ripetiamo altre, mentre l’idea di avviare un ciclo penitenziale di venti anni, recedendo e impoverendoci perché ci chiedete di firmare nuovi patti, superando Maastricht, ve lo togliete dalla testa. Sappiamo bene che il prezzo del crollo dell’euro è impressionante, ma l’alternativa non può essere una non meno impressionante sudditanza a classi politiche altrui. Per niente eccelse. Quindi: ciao. Con il nostro saluto ci portiamo appresso non pochi problemi, ma vi comunichiamo che le vostre banche saltano subito, perché sono zuppe di soldi pubblici e speculatrici sul nostro stesso debito. Salutatele. Se le volete tenere in piedi, il che vale per i tedeschi, ma specialmente per i francesi, dovete pomparci dentro altri soldi pubblici, di fatto nazionalizzandole. Dopo di che vi troverete con un debito pubblico simile al nostro, ma con un debito complessivo superiore. Quindi affogherete nella palta ove volevate lasciare noi. E noi osserveremo da fuori, svalutando e cercando di fregarvi per ogni dove, nei mercati, nel frattempo consolidando il nostro rapporto con gli Stati Uniti, giacché esiste ancora la geopolitica.
Vi fa paura, questa prospettiva? Lo capiamo. Non piace neanche a noi. Ma questo è un buon motivo perché voi cambiate posizione. Non perché dobbiate avere pietà di noi, ma di voi stessi. Il prossimo Consiglio straordinario, previsto il 23 gennaio è la sola sede in cui si possa fermare la corsa dell’euro verso la scomparsa. Rispetto a quel fine si devono valutare gli incontri bi o trilaterali. Il resto è folklore. Misurare i giudizi in modo da essere più o meno dalla parte di Monti, o quirinalofili, significa essere ciechi. Mario Monti è il capo del governo italiano nel momento in cui si giunge alla sfida finale, quindi egli rappresenta i nostri interessi. Punto. Si rimangi l’errore, dica che è l’euro la causa del dramma chiedendone la correzione. E’ il solo europeismo possibile. Se, invece, si farà incastrare dalle colpe italiane, dimostrando scarso orgoglio nazionale e scarsa consapevolezza europea, sarà responsabile di una pagina pessima. Destinata a scontarsi nel futuro.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.