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Ieri audizione di Bankitalia al Senato

Popolari, riforma in salita

Un compromesso al ribasso l’unica via praticabile. Ma il governo prepara un blitz

di Alessandro D'Amato - 13 giugno 2007

Una riforma attesa da decenni. Che però, per come si sta profilando, smuoverà poco un sistema sedimentato, come quello su cui si basa il sistema degli istituti di credito popolari. Che con il suo milione di soci e 8 milioni di clienti è in grado di frenare ogni tentativi di cambiamento. Ieri, di fronte al comitato ristretto dei membri della commissione Finanze del Senato che da sei mesi sta lavorando sulla riforma, i funzionari di Bankitalia hanno ricordato che le nuove misure possono essere «indubbiamente delicate», ma che Palazzo Koch guarda a un modello che faccia «leva sull’autonomia statutaria». L’obiettivo è quello di trovare l’accordo condiviso. Che in ogni caso non interverrà sul voto capitario, secondo il quale in assemblea ogni voto vale per uno, a prescindere dal numero di azioni possedute.

L’altro grande pilastro della riforma è il superamento del limite del possesso azionario dello 0,5 per cento, che è sotto la lente della Commissione. Anche perché lo stesso Mario Draghi durante le Considerazioni finali ha indicato come «auspicabili » le riforme su questo punto, così come sui tetti agli investitori istituzionali e sui meccanismi di delega. Ma sul testo presentato dal presidente della commissione Giorgio Benvenuto, che prevede l’innalzamento del limite dello 0,5 per cento (sembra verso il 3 per cento), si levano già molte voci in disaccordo. Non poche contestazioni anche sulle norma che prevedono la modifica della costituzione delle liste. Secondo Maurizio Eufemi dell’Udc «snaturerebbero, come l’innalzamento della soglia del resto, la natura stessa del credito popolare». E sulla stessa linea, fa sapere il senatore, ci sarebbero anche il viceministro Sergio D’Antoni, i forzisti Franco Girfatti e Rosario Costa. Anche sulla trasformazione in Spa le opzioni sono diverse: si va dall’obbligo da far scattare a determinati livelli patrimoniali alla facoltà di effettuare una scissione dell’azienda in una coop a monte e un’azienda per azioni a valle, fino alle fusioni trasformative da realizzare in caso di merger con altra banca. Forti polemiche anche sulla facoltà degli investitori istituzionali (come i fondi) di nominare membri nei board con modalità indipendenti dai meccanismi assembleari. Ci sono tutte le condizioni per un compromesso al ribasso. Non a caso il viceministro all’Economia Roberto Pinza, il quale pubblicamente esprime un moderato ottimismo, ha già fatto sapere che il governo è pronto a intervenire.

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