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Public Policy

Gli istituti di credito cooperativo si salvano

Popolari, riforma impossibile

Le richieste di Bankitalia sulla governance non recepite dalla politica

di Alessandro D'Amato - 01 dicembre 2007

La data è stata già fissata: martedì prossimo, alla Commissione Finanze del Senato, si terrà una riunione informale per ricominciare la discussione sulla riforma delle banche popolari. Ma la ripresa del dialogo tra le varie componenti politiche avverrà a una precisa condizione: quella che il compromesso che forse alla fine verrà trovato sarà in ogni caso al ribasso. E le criticità del comparto (rigidità del principio del voto capitario, limiti alla raccolta delle deleghe di voto, vincoli alla partecipazione individuale), esposte da Mario Draghi in persona alla Giornata del risparmio ormai più di un anno fa (e ribadite nell’audizione), non verranno scalfite se non in misura minima e non decisiva. D’altronde, la posizione di alcuni componenti della Commissione è sempre stata chiara: “Massimo rispetto per l’autorità della Banca d’Italia. Ma le riforme, fino a prova contraria, le fa il Parlamento”, dice Maurizio Eufemi dell’Udc, uno dei più strenui sostenitori delle ragioni delle Popolari.

Il disegno di legge firmato dal presidente Giorgio Benvenuto, quindi, verrà modificato in chiave restrittiva rispetto alle intenzioni iniziali e alle spinte – che arrivavano anche dal governo con il sottosegretario Roberto Pinza – a una riforma più radicale. Viene meno, e quello era già stato messo in conto visto che anche la bozza non toccava l’argomento, qualsiasi tipo di modifica al principio del voto capitarlo, che avrebbe rivoluzionato il comparto. Invece l’innalzamento del tetto di quote detenibili dai privati nel capitale delle popolari potrà anche subire cambiamenti rilevanti – dall’attuale 0,5% si parla di ipotesi che vanno dall’1 al 5% – ma, cosa più importante, il limite alle deleghe per la partecipazione alle assemblee delle popolari quotate dovrebbe comunque rimanere a cinque, senza nemmeno arrivare al confine delle 10 che è appannaggio delle cooperative. Così come dovrebbe arrivare uno stop anche alla proposta di riservare ai fondi e agli OCR un posto nei consigli di amministrazione. Sia Salvatore Bonadonna di Rifondazione che lo stesso Eufemi non hanno intenzione di aprire su questo punto: “Sono le assemblee che devono decidere in questi casi, loro debbono essere sovrane”, dice il senatore Udc, affossando di fatto le modifiche di cui si era discusso. E sulle quali si erano concentrate le critiche dell’Assopopolari di Fratta Pasini, che alla fine di luglio aveva detto “no, assolutamente” alla proposta.

Ora la palla passa a Benvenuto e Pinza. Soprattutto il sottosegretario nei mesi scorsi aveva minacciato che il governo, in caso di esito non positivo delle discussioni in Commissione, sarebbe intervenuto proponendo all’Assemblea un suo testo. Lo spazio per la mediazione e la trattativa per modifiche sostanziali, in Parlamento, si è esaurito. Bisogna vedere però se l’esecutivo avrà la forza di imporre la sua volontà politica all’Aula. Ad oggi, pare davvero difficile.

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