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Caso Englaro: smorziamo i toni

Pietas

In certi casi il silenzio rimane l’unico comportamento conveniente

di Livio Ghersi - 09 febbraio 2009

Tra i tanti appelli al "dovere di prendere posizione", fa eccezione il bell’articolo di Angelo Panebianco "Quel silenzioso terzo partito" (Corriere della Sera, 9 febbraio 2008). «Oltre ai due partiti che si scontrano — scrive Panebianco —, ne esiste anche un terzo, per lo più silenzioso, e che, comunque vada la vicenda, è già stato sconfitto. … E’ il partito di chi pensa che occorrerebbe coltivare, nella riservatezza e nella discrezione, una zona grigia, protetta da una necessaria ipocrisia, nella quale le decisioni sul caso singolo (sempre diverso, almeno per qualche aspetto, da qualunque altro caso singolo) restano affidate alla sensibilità e alla pietas del medico che ha in cura il malato e ai sentimenti delle persone che lo amano».

Concordo con Panebianco. Avverto un profondo disagio a schierarmi. Spero che i fautori di una linea non avranno il cattivo gusto di festeggiare se la morte di una persona giungerà prima che sia entrata in vigore una nuova legge approvata dal Parlamento. Spero che i fautori dell’altra linea non avranno il cattivo gusto di festeggiare se riusciranno ad imporre la loro volontà ad un padre ed una madre, già provati oltre ogni umana capacità di sopportazione da una sofferenza che si protrae da diciassette anni.

E’ troppo facile usare la parola che infiamma, che divide, che alimenta l’odio reciproco. Non mancheranno occasioni per dividerci su altro: sulle tentazioni "bonapartiste" dell’attuale Presidente del Consiglio, sul modo di intendere la Costituzione, sulla strumentalizzazione politica della fede religiosa. Ma, davanti ad un povero corpo di donna, per favore smorziamo i toni ed osserviamo l’unico comportamento conveniente al caso: il silenzio.

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