Attenti alle oscillazioni tra federalismo e centralismo
Piano casa: ritornare a Fanfani?
L’esperienza fanfaniana potrebbe costituire un utile riferimento a patto però che si rispettino i vincoli costituzionalidi Angelo De Mattia - 26 marzo 2009
Ritornare a Fanfani? E’ per una visione centralfederalistica nella maggioranza di Governo – quasi un ossimoro – che negli stessi giorni nei quali si sostenevano le sorti magnifiche e progressive del federalismo fiscale in applicazione dell’art. 119 della Costituzione, nel predisporre il cosidetto piano-casa, non si prestava, poi, neppure un minimo di attenzione al precedente art. 117 che, fra l’altro, attribuisce alla legislazione concorrente Stato-Regioni il governo del territorio, fondamentale per una innovazione in materia edilizia e urbanistica.
E’ assolutamente improprio richiamare – come è avvenuto in questi giorni – un precedente autorevole: il piano-casa Fanfani (la legge n. 474/1949) che ebbe una grande efficacia nel contesto della ricostruzione postbellica per il rilancio dell’attività edilizia e, in generale, dell’economia; esso si fondava su di una impostazione per quel tempo nuova: faceva leva sulla concessione del credito agevolato agli aspiranti all’acquisizione di un’abitazione, con lo Stato che interveniva o nell’accollarsi l’onere della differenza tra il tasso di favore e il costo effettivo del finanziamento erogato dalle banche ovvero con la concessione di contributi in conto capitale. Veniva, nel contempo, riformata la materia del credito edilizio anche a tasso ordinario. Non si interveniva sugli assetti urbanistici.
Per tornare al cosidetto “piano-casa Berlusconi”, è vero che la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali fa parte delle materie a legislazione esclusiva dello Stato; ma questa è solo una parte dei vincoli da osservare. Come pure è un’acrobazia non riuscita citare l’art. 42 della Carta costituzionale a tutela della proprietà privata, nel caso di specie edilizia, per sostenere l’impraticabilità di interventi regionali e comunali, dovendosi quella norma leggere anche alla luce dei limiti che, per gli interessi generali, essa consente siano introdotti, e che, in particolare, rispondono a esigenze di governo del territorio, come appunto indicato nell’art. 117.
Che dire, allora, di queste oscillazioni tra (forse pseudo) federalismo e centralismo? E’ solo perché non si bada neppure alla coerenza tra la mano destra e la mano sinistra?
Strada facendo, la bozza del provvedimento in questione – non si sa ancora se decreto legge, che non piace affatto alle Regioni, o disegno di legge – è stata, tuttavia, ridimensionata, progettando l’applicazione delle nuove norme solo alle ville mono o bifamiliari. Eppure, quanto ai possibili effetti di stimolo – che sono stati ampiamente enfatizzati – è da ritenere ancora incerta la portata congiunturale di una tale misura, come è stato autorevolmente sostenuto (Mario Draghi) prima che il provvedimento fosse confezionato, in considerazione della complessità della materia, della necessità di congegnare l’intervento in modo da preservare l’ambiente naturale e l’equilibrio urbanistico, delle competenze dello Stato e delle Regioni. Altra questione è – e può essere apprezzata sempreché vi sia una piena osservanza dei vincoli vigenti – la semplificazione degli adempimenti nonché la riduzione degli oneri per i casi di costruzione, ricostruzione e ristrutturazione di immobili.
Per tornare a Fanfani, i piani-casa che seguirono il piano nel 1949 con il rifinanziamento di quella legge non operavano sull’assetto del territorio, non correvano cioè il rischio di creare un vulnus alle corrispondenti normative - che, invece, vennero, purtroppo, violate dai piani regolatori di diversi comuni – ma davano allo Stato un ruolo forte nel sostegno finanziario: un ruolo che arrivò, negli anni ’70, fino a sostenere le cartelle fondiarie (le obbligazioni che gli istituti di credito emettevano per raccogliere i mezzi ai fini della concessione dei mutui) il cui corso era improvvisamente caduto. Ed è in quel tempo che fioriscono vari progetti di risparmio-casa, i quali tuttavia non decolleranno per le difficoltà dell’economia attraversata da due shock petroliferi.
E’ un’esperienza, quella del passato, che unì stimoli all’economia, tutela del risparmio con una rigorosa legislazione sul credito fondiario ed edilizio, sostegno alle aspirazioni a una propria abitazione. Ebbero la possibilità di acquisire un alloggio molte “giovani coppie e le famiglie bisognose”, di cui ieri ha parlato il premier. Vi furono errori e contraddizioni. E, tuttavia, quell’esperienza potrebbe costituire ancora un utile riferimento.
Anzi, quell’intero torno di tempo andrebbe ancor più studiato per una conoscenza approfondita di ciò che fu allora l’intervento pubblico in economia. E andrebbe “riletto” Fanfani. Intanto, pur potendo essere il classico caso dell’uomo che morde il cane, sarebbe auspicabile che su un provvedimento come quello in esame – la cui sottoposizione al Consiglio dei Ministri è stata ieri rinviata - si potesse avere un’ampia convergenza, partendo, però, dalla rigorosa osservanza dei vincoli costituzionali.
E’ assolutamente improprio richiamare – come è avvenuto in questi giorni – un precedente autorevole: il piano-casa Fanfani (la legge n. 474/1949) che ebbe una grande efficacia nel contesto della ricostruzione postbellica per il rilancio dell’attività edilizia e, in generale, dell’economia; esso si fondava su di una impostazione per quel tempo nuova: faceva leva sulla concessione del credito agevolato agli aspiranti all’acquisizione di un’abitazione, con lo Stato che interveniva o nell’accollarsi l’onere della differenza tra il tasso di favore e il costo effettivo del finanziamento erogato dalle banche ovvero con la concessione di contributi in conto capitale. Veniva, nel contempo, riformata la materia del credito edilizio anche a tasso ordinario. Non si interveniva sugli assetti urbanistici.
Per tornare al cosidetto “piano-casa Berlusconi”, è vero che la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali fa parte delle materie a legislazione esclusiva dello Stato; ma questa è solo una parte dei vincoli da osservare. Come pure è un’acrobazia non riuscita citare l’art. 42 della Carta costituzionale a tutela della proprietà privata, nel caso di specie edilizia, per sostenere l’impraticabilità di interventi regionali e comunali, dovendosi quella norma leggere anche alla luce dei limiti che, per gli interessi generali, essa consente siano introdotti, e che, in particolare, rispondono a esigenze di governo del territorio, come appunto indicato nell’art. 117.
Che dire, allora, di queste oscillazioni tra (forse pseudo) federalismo e centralismo? E’ solo perché non si bada neppure alla coerenza tra la mano destra e la mano sinistra?
Strada facendo, la bozza del provvedimento in questione – non si sa ancora se decreto legge, che non piace affatto alle Regioni, o disegno di legge – è stata, tuttavia, ridimensionata, progettando l’applicazione delle nuove norme solo alle ville mono o bifamiliari. Eppure, quanto ai possibili effetti di stimolo – che sono stati ampiamente enfatizzati – è da ritenere ancora incerta la portata congiunturale di una tale misura, come è stato autorevolmente sostenuto (Mario Draghi) prima che il provvedimento fosse confezionato, in considerazione della complessità della materia, della necessità di congegnare l’intervento in modo da preservare l’ambiente naturale e l’equilibrio urbanistico, delle competenze dello Stato e delle Regioni. Altra questione è – e può essere apprezzata sempreché vi sia una piena osservanza dei vincoli vigenti – la semplificazione degli adempimenti nonché la riduzione degli oneri per i casi di costruzione, ricostruzione e ristrutturazione di immobili.
Per tornare a Fanfani, i piani-casa che seguirono il piano nel 1949 con il rifinanziamento di quella legge non operavano sull’assetto del territorio, non correvano cioè il rischio di creare un vulnus alle corrispondenti normative - che, invece, vennero, purtroppo, violate dai piani regolatori di diversi comuni – ma davano allo Stato un ruolo forte nel sostegno finanziario: un ruolo che arrivò, negli anni ’70, fino a sostenere le cartelle fondiarie (le obbligazioni che gli istituti di credito emettevano per raccogliere i mezzi ai fini della concessione dei mutui) il cui corso era improvvisamente caduto. Ed è in quel tempo che fioriscono vari progetti di risparmio-casa, i quali tuttavia non decolleranno per le difficoltà dell’economia attraversata da due shock petroliferi.
E’ un’esperienza, quella del passato, che unì stimoli all’economia, tutela del risparmio con una rigorosa legislazione sul credito fondiario ed edilizio, sostegno alle aspirazioni a una propria abitazione. Ebbero la possibilità di acquisire un alloggio molte “giovani coppie e le famiglie bisognose”, di cui ieri ha parlato il premier. Vi furono errori e contraddizioni. E, tuttavia, quell’esperienza potrebbe costituire ancora un utile riferimento.
Anzi, quell’intero torno di tempo andrebbe ancor più studiato per una conoscenza approfondita di ciò che fu allora l’intervento pubblico in economia. E andrebbe “riletto” Fanfani. Intanto, pur potendo essere il classico caso dell’uomo che morde il cane, sarebbe auspicabile che su un provvedimento come quello in esame – la cui sottoposizione al Consiglio dei Ministri è stata ieri rinviata - si potesse avere un’ampia convergenza, partendo, però, dalla rigorosa osservanza dei vincoli costituzionali.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.