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Tra due giorni l’apertura del congresso Cisl

Pezzotta e il nodo della politica

E’ tra i pochi ad aver capito che siamo in declino. Ora inviti i delegati a sporcarsi le mani

di Enrico Cisnetto - 04 luglio 2005

Caro Pezzotta, quando dopodomani si aprirà il XV congresso della Cisl vorrei tanto essere nei suoi panni. Non è presunzione, la mia, ma un atto di sincera comprensione per quello che so essere il suo stato d’animo. Lei è uno dei pochi, pochissimi esponenti della classe dirigente di questo Paese che ha capito, e non da oggi, la condizione di declino strutturale in cui viviamo, e che ha ben compreso di quale rivoluzione copernicana abbiamo bisogno per uscirne. Lei sa anche che – pur al netto di una certa retorica liberista – tra le tante cose che occorre fare, ce ne sono alcune che comportano prezzi da pagare per i lavoratori ma soprattutto molte che richiedono un deciso cambio di mentalità da parte del sindacato. In lei la preoccupazione per le sorti di un’Italia che si è persa per strada il futuro, non ha nulla di strumentale (come è in altri casi) ma discende dalla consapevolezza che per troppo tempo abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, compreso il fatto che i diritti hanno sovrastato i doveri e il merito. Lo sa così bene, tutto questo, che non solo non lo ha mai nascosto, ma si è battuto – prima di tutto dentro il suo mondo – per fare scelte conseguenti. Per esempio, quando nel 2001 ha vinto il centro-destra, la Cisl (con la Uil) ha avvalorato la rivendicata autonomia evitando la pregiudiziale anti-berlusconiana (ma lo stesso aveva fatto con il centro-sinistra), anzi si è scontrata con la Cgil (e la Fiom) per l’uso di quell’arma impropria che è il diritto di veto. Basti pensare che subito dopo lo sciagurato intestardimento del governo (e della Confindustria di D’Amato) sull’articolo 18, fu firmato il Patto per l’Italia, che non poco è costato a Pezzotta e a tutta la Cisl essendosi assunti la responsabilità di rompere il tabù dell’unità sindacale.

Ma per tutta risposta, Cisl e Uil sono state lasciate sole dal governo. “Ma come, prima approfitti della rigidità della Cgil per spaccare il sindacato e poi mi lasci col cerino in mano”, ha continuato a borbottare in bergamasco il buon Pezzotta all’indirizzo di Berlusconi. Per mesi ha cercato di riannodare il filo spezzato, poi si è stufato e si è messo a fare gli scioperi. Suo malgrado, perchè si rende conto, il capo della Cisl, che così non si va da nessuna parte, e soprattutto che pur con uno spartito diverso, anche con il centro-sinistra la musica è stata la stessa. E hai voglia di trattare con la Confindustria “ragionevole” di Montezemolo, se poi ti manca la terza gamba del tavolo della concertazione. Qui il problema è il sistema politico, che non funziona e non produce classe dirigente all’altezza della dimensione epocale delle scelte da compiere.

E’ per questo, caro Pezzotta, che alla vigilia del congresso le mando un caloroso incitamento: prenda il coraggio a due mani e ponga il problema del bipolarismo malato, unitamente a quello del declino. Spieghi che i grandi interessi organizzati, e la Cisl ne rappresenta uno importante, sono costretti ad essere corporativi anche quando non lo vogliono, e che per di più – tra recessione, conti pubblici allo sfascio e mancanza di luoghi e strumenti di mediazione delle diverse istanze – non possono portare a casa altro che le briciole. Dica che gli imprenditori sono nelle stesse vostre condizioni, e chieda alla Cisl di “sporcarsi le mani” occupandosi della politica che non funziona. Buon congresso.

Pubblicato sulla Sicilia del 3 luglio 2005

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