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La mira di un angelo e il cervello da gallina

Perplessità sull’etica mafiosa

La vita pastorale di Provenzano non evoca nulla di ascetico. Il prototipo del disonorato

di Davide Giacalone - 14 aprile 2006

Non vorrei dovermene pentire, ma ho sottolineato anch’io le misere condizioni di vita in cui è stato trovato Bernardo Provenzano, che chiede, con uno dei pizzini, di avere dalla moglie la pasta al forno. Si stia attenti, però, a non fare confusione, e mi lascia perplesso che il procuratore Grasso parli di “etica mafiosa”. Occhio a non alimentare miti, a non moraleggiare del tutto a sproposito: Provenzano è un criminale, un pazzo, un disonorato. Le persone civili e per bene amano il benessere e praticano, se possibile, il lusso. Frequentano il vizio, e talora lo stravizio. Sanno che la vita va goduta, nei limiti del possibile, e sanno, sopra ogni cosa, che chi detesta ogni piega del godere, appagando la propria libido nell’esercizio del potere è una persona pericolosa, probabilmente pazza, certamente da tenere sotto controllo. Non solo non merita alcuna ammirazione, ma va presa allegramente per le chiappe, se si tratta di deviazione inoffensiva, o impedita di nuocere, quando la cosa prende una piega pericolosa. La vita pastorale di Provenzano non evoca nulla di buono, nulla di etico, nulla di ascetico. Rimane quello che fotografò Luciano Liggio, quando ne parlò come di un essere che spara come un angelo ma ha un cervello da gallina.
Dice il direttore del carcere che Provenzano non parla, si esprime con gli occhi e con i gesti. Noi siciliani lo facciamo e ci capiamo che è una meraviglia: una parola è picca e due sunnu assai. Ma quello che si trova in cella non è una sintesi di isolanità, bensì un prototipo di bestia, che si comporterà da bestia per potere tutelare quello che non ha mai avuto: l’onore. Se di onore disponesse potrebbe parlare e spiegare, dire il perché ed il per come non è vero che abbia commesso ed ordinato omicidi, raccontare di come sia falso che taglieggiasse la gente per bene tenendola sotto la minaccia di far del male ai congiunti, dai bambini ai nonni. Se avesse onore potrebbe raccontare del perché il suo linguaggio facciale nulla significa ai fini dell’accertamento penale. Invece trattasi di disonorato, di uomo senza il coraggio delle proprie azioni e della propria vita, che porta tre croci al collo e legge la Bibbia senza mai avere capito una sega (anzi, una minchia) di quello che c’era scritto e di quello che andava predicando l’individuo che si trova crocifisso. Un assassino superstizioso e mattoide, cui finalmente si sono messe le mani addosso.
Esaurito il capitolo del perché non merita alcuna ammirazione, vorrei venire ad una questione più seria. Si dice che Provenzano abbia assicurato la pace, la non violenza, dopo la stagione stragista di Riina. Anche questa è mitologia. La mafia ha subito colpi durissimi, ora si tratta di non mollare, di colpire ancora, di non impressionarsi per il ghigno della bestia, e men che meno di rimanerne affascinati.

www.davidegiacalone.it

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