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Italia declassata

Pericoloso minimizzare il rischio rating

Senza un governo in tempi rapidi partirà inevitabilmente l'attacco dei mercati

di Enrico Cisnetto - 11 marzo 2013

Questa volta chi si accontenta non gode. Declassare il declassamento che venerdì sera l’agenzia di rating Fitch ha riservato all’Italia, penultima a mandarci in serie B dopo S&P e Moody’s traendo fondamento dalla scarsa credibilità di cui ormai godono queste dispensatrici di giudizi, serve ad esorcizzare ma non a impedire che la pressione dei mercati torni a farsi sentire, e in modo pesante, sui titoli del nostro debito pubblico.

È vero, le agenzie di rating sono screditate, e lo spread dopo un rialzo fulmineo a ridosso del risultato delle elezioni, è tornato sotto quota 300. Ma è illusorio pensare che, se l’ingovernabilità dell’Italia sarà certificata, l’attacco non partirà. Non sarà domani, forse si aspetterà di vedere la prima mossa del Quirinale, ma se dalla roulette russa della politica italica non uscirà un compromesso (anche solo a tempo determinato) o se, viceversa, dovesse diventare possibile ciò che oggi non è nemmeno immaginabile, e cioè un rapporto tra Pd e chi vuole il referendum sull’euro – come indica la linea della cecità scelta da Bersani, con il colpevole assenso (o assenza) di tutte le componenti interne del suo partito – allora potete stare certi che la speculazione si metterà in moto. Così come non è difficile immaginare che Moody’s e S&P ci faranno scendere un gradino dei rispettivamente 3 e 4 che ci separano dal livello “junk”. Con riflessi negativi diretti sull’economia: si pensi che se non ci fosse l’agenzia canadese Dbrs a darci una A, seppure “low”, le nostre banche sarebbero penalizzate nell’accesso al credito concesso dalla Bce, visto che riceve Btp in garanzia e per calcolare il loro controvalore usa il miglior rating tra le quattro agenzie prese in considerazione (tra cui, per fortuna, quella canadese).

Ma minimizzare il rischio rating è anche pericoloso, perché si offre un alibi a coloro che hanno la responsabilità di evitare l’ingovernabilità. Il voto ha prodotto tre minoranze impotenti, ora spetta alla politica risolvere il rebus. La quale, numeri alla mano e sale in zucca, ha una sola soluzione: un governo di “salvezza nazionale” con Pd, Pdl e Centro. Inseguire Grillo, oltre che inutile, significherebbe certificare che il Paese si affida a chi vuole farlo uscire dall’euro. E siccome gli spread non misurano solo o tanto l’affidabilità dei singoli, ma anche e soprattutto la tenuta dell’eurosistema, è evidente che esploderebbero.

Come ha fatto sapere informalmente Bankitalia, i mercati ci hanno due settimane di tempo, e le abbiamo consumate. Ed è scherzare col fuoco immaginare che le forze politiche debbano attendere i rituali istituzionali. Se non vogliono regalare ulteriori voti a Grillo, si mettano d’accordo tra loro prima che il Capo dello Stato le convochi (15 marzo). Perché il tempo è scaduto, Fitch ha fischiato la fine. E se Bersani resta ancorato ai suoi “otto punti” e Berlusconi, che pure aveva mostrato apertura, viene risucchiato dalla sua personale guerra con la magistratura, e se nessuno dentro questi due partiti apre bocca, allora il rischio è che sia l’Italia produttiva in ginocchio a fischiare il game over. E saranno dolori.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.