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Scudo antispread

Per l'Italia è solo questione di tempo

Speriamo almeno che lo “scudo anti-spread” sia efficace, perché lo Stato non può farcela a finanziarsi ad un costo così alto e dovrà presto richiedere il salvataggio.

di Massimo Pittarello - 29 giugno 2012

L’Italia andrà salvata. Non ci sarà vertice europeo in grado di evitare questo scenario. Dovremo chiedere aiuto, a meno che, improvvisamente l"Europa agisca da Europa e la Merkel non si comporti da Merkel. Ma forse non cambierebbe nulla lo stesso. Eravamo sull"orlo del baratro a novembre, e siamo ancora qui. Ci sono due mesi per capire se ci cadremo, in quella voragine, portandoci dietro metà del Vecchio Continente. I segnali ci sono tutti. I rendimenti dei titoli di stato continuano a salire e il nostro mastodontico debito pubblico costa sempre più caro: a poco servirà, se non a rinviare il disastro di qualche tempo, l’espediente dello “scudo anti-spread”. Una misura salutata con giubilo dalle borse, ma di cui sono incerte le specifiche tecniche e che, soprattutto, non ha sciolto il nodo più importante: chi debba essere il supervisore delle operazioni di salvataggio. Speriamo almeno che tale “scudo” sia efficace, perché lo Stato non può farcela a finanziarsi ad un costo così alto (intorno al 6% per i Btp decennali e al 4% per quelli annuali), e dovrà presto richiedere l’aiuto, il salvataggio. L’insolvenza è vicina, molto vicina. E allora nonostante nel 2013 avremo l’avanzo primario più alto d’Europa e sebbene ciascun italiano ha fatto e stia facendo sacrifici enormi, il destino sembra tracciato. Se il costo del debito superasse il 6,8% non ci sarebbero avanzi di bilancio in grado di salvare il Paese, perché il debito pubblico (che con un po’ di sadismo ricordiamo essere di circa 2000 miliardi) arriverebbe a toccare il 131% del Pil nel 2016. Il senso è che abbiamo fatto talmente tanti debiti, che questi hanno ormai preso vita e camminano da soli. Manca davvero poco. Un paio di settimane avanti di questo passo e le parole di Josè Maria Aznar saranno confermate: “All’Italia servono 700 miliardi di euro per non fallire”. Valli a trovare 700 miliardi. Chi li presta? I tedeschi? Ma perché i rendimenti dei titoli di Stato continuano a crescere da mesi? E’ l’Italia effettivamente insolvente? Il debito privato e quello bancario non sono in grado di reggere? Il sistema pensionistico è affetto da storture e privilegi? No, nulla di tutto questo. Ai mercati poco importa se il bilancio primario sia in attivo e migliore di quello tedesco o che l’età pensionabile sia la più alta d’Europa; poco importa delle riforme strutturali e delle modifiche del mercato del lavoro; chissenfrega se nel Belpaese non esiste una bolla immobiliare; non importa nemmeno che le nostre banche sono meno indebitate di quelle francesi e tedesche. Figuriamoci dei sacrifici che i cittadini comuni fanno tutti i giorni. Semplicemente, per chi acquista i titoli di Stato nostrani, l’Italia è fallita perché nella direzione in cui i mercati stessi hanno indirizzato i titoli di Stato c’è la bancarotta del Tesoro. Una logica c’è, perversa e distorta, ma c’è. Invece non c’è logica alcuna nel percorso che ha condotto la moneta unica europea ad essere oggetto di attacchi speculativi. Parliamoci chiaro, ognuno fa il proprio mestiere. "Gli speculatori" non sono un male assoluto, ma solo persone che fanno il loro mestiere. Gli avvoltoi volano dove c’è un animale moribondo, mica vanno a disturbare il leone vivo e combattivo. Sarà lo “scudo anti-spread” un lieve vagito o un potente ruggito? L’Europa è solo una sovrastruttura tecnica di una unione doganale; quella creata nel Secondo Dopoguerra. Un artificio nato dalla paura che, per l’Alsazia e la Lorenza, Francia e Germania potessero tornare a farsi le guerra nel giro di qualche anno. Così come l’Euro: è stato il frutto di un compromesso i cui vantaggi sono stati sfruttati perlopiù in chiave elettorale, piuttosto che per lungimiranti opere di ristrutturazione economica dei Paesi dell’Eurozona. E ora siamo qui. Con una Banca centrale europea priva di logica e poteri, perché uno statuto modellato su quello della Bundesbank vieta di fatto all’istituto di Francoforte di pensare e di agire. E mentre la Fed svaluta il dollaro e Londra la sterlina, noi siamo qui a chiederci se e quando Frau Merkel si renderà conto che la Germania senza Europa ha vita breve. Solo la sapiente operazione condotta da Mario Monti, condita da una minaccia di dimissioni, è riuscita nell’ottenere una misura che, in realtà, è solo un tampone provvisorio alla crisi dei debiti sovrani. Anche questa, come tutte le precedenti, è una operazione messa in piedi per necessità, nel tentativo dell’Europa di rincorrere e riparare all’andamento incontrollato e incontrollabile dei mercati. La forzata inazione della Bce costringe Bruxelles a dei salvataggi che hanno davvero qualcosa di “insano”. Dei 100 miliardi prestati a Madrid al tasso del 3%, una ventina arriveranno dall’Italia: la quale, di fatto, s’indebita al 6% per trovare gli stessi soldi. E che, sic rebus stantibus, dovrà trovarne molti altri fra qualche tempo. Proprio un bel "sistema europeo".

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