La Chiesa teme un laicismo alla Zapatero
Per la famiglia e anche oltre
Diventano sempre più pressanti gli interventi delle gerarchie ecclesiastichedi Elio Di Caprio - 13 febbraio 2007
Qualcosa vorrà pur dire se per pochi euro si possono acquistare i discorsi politici di Benedetto XVI, secondo una locandina pubblicitaria a cura della Libreria Editrice Vaticana apparsa sui maggiori quotidiani italiani. Non parliamo di discorsi teologici e religiosi, ma politici.
Sembra che la Chiesa di Papa Ratzinger voglia procedere ad una testimonianza della fede sempre più attiva e interventista in un periodo storico che vede il riemergere della dimensione religiosa dopo il fallimento delle religioni civili del secolo scorso.
Non c"è solo l"integralismo islamico, ci sono anche i “neocon” e i “teodem” d"occidente che ritengono si debba ridare rilevanza pubblica alla religione dei cristiani non confinandola più negli spazi della coscienza individuale. In una società secolarizzata come la nostra i dibattiti teologici interessano sempre meno, il messaggio religioso e universale non lascia strascichi dietro di sé. Se si vuole arrivare alle singole coscienze non si può fare a meno della contaminazione con i temi grandi e piccoli della politica, con le regole della vita sociale, con le consuetudini che spingono la maggioranza delle popolazioni a pensare da cattolici, ma ad agire da laici.
Forse è qui l"origine della speciale attenzione che le gerarchie vaticane riservano ad un paese cattolico come l"Italia che per decenni, con la DC al potere, si è uniformato alle sue direttive ed ora non sa che peso dare ai vecchi condizionamenti di fede. La religione islamica non avrebbe mai consentito ai credenti, come avvenuto e avviene in Italia, di fare un referendum sulla procreazione assistita o di inserire nuove figure di convivenza al di fuori della famiglia tradizionale. Lì la dimensione del vivere sociale è completamente sottomessa alle prescrizioni del Corano. La Chiesa invece gioca in difesa, vuole conciliare fede e ragione, è costretta a rincorrere e a prendere posizione a trasformazioni sociali avvenute, con il rischio di apparire sempre in ritardo per testimoniare quello che dovrebbe essere e non è. Ora interviene in maniera insistente e persistente, come è suo diritto, sui temi della vita e della famiglia, si oppone al riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, suscita un ovvio riflesso anticlericale in coloro che ritengono spetti allo Stato l"ultima parola sulla legislazione che intende darsi. Per coniugare fede e ragione quanto deve essere riservato alla politica e quanto alla religione? E" un dilemma e una contraddizione che la Chiesa si porta dietro da secoli e solo la sua saggezza millenaria le ha consentito di adattarsi ai tempi senza perdere forza intrinseca. Appare sempre più difficile parlare di valori immutabili da conservare e perseguire in un contesto consumista che esclude ideologie e religioni, a fronte dei continui ed imprevisti cambiamenti ed alla precarietà crescente di situazioni e di persone. La Chiesa lo sa e pone i suoi argini, sa di avere ancora in Italia un"influenza di lunga data e ora fa di tutto per condizionarne la legislazione in tema di famiglia e di matrimonio.
Eppure la scelta, a seguito del recente progetto governativo sui “Dico”, tra patto di convivenza, matrimonio civile e matrimonio religioso sembra più un accrescimento della potestà di scelta dei singoli e della coppia che non un vulnus inferto alla famiglia. Perchè dunque opporvisi in linea di principio? In qualche modo questo progetto di legge che dovrà comunque passare al vaglio parlamentare appare una rincorsa dello Stato a regolare cambiamenti e consuetudini già in atto se è vero che negli ultimi anni le convivenze sono enormemente aumentate a discapito dei matrimoni. Non ci vuol molto a capire quanto ciò sia dovuto in gran parte, oltre ai costumi cambiati, alle nuove precarietà della vita che devono affrontare le giovani coppie incerte persino sulla durata e qualità del loro lavoro. Invece di prendere atto e di correggere le eventuali conseguenze distorsive di tale evoluzione ci facciamo sviare da un dibattito dai risvolti ideologici sul significato della famiglia oggi, sulla famiglia di serie A e di serie B, sul concetto di famiglia tradizionale sempre valida o invece superata dai tempi. Il problema di fondo resta quello squisitamente laico di come aiutare la famiglia in sé, di come invertire la tendenza alla bassa natalità che ad alcuni fa presagire tra qualche decennio un"Italia destinata a perdere la sua identità fondante. E" questa la vera crisi a cui bisogna porre riparo, al di là dell""interventismo conservatore di papa Ratzinger in difesa dei valori tradizionali della famiglia. Gli schieramenti strumentali pro o contro la Chiesa servono a poco o a nulla se poi lo Stato non è all"altezza di individuare i veri problemi da risolvere nel quadro dell"equilibrio sociale complessivo.
Forse è qui l"origine della speciale attenzione che le gerarchie vaticane riservano ad un paese cattolico come l"Italia che per decenni, con la DC al potere, si è uniformato alle sue direttive ed ora non sa che peso dare ai vecchi condizionamenti di fede. La religione islamica non avrebbe mai consentito ai credenti, come avvenuto e avviene in Italia, di fare un referendum sulla procreazione assistita o di inserire nuove figure di convivenza al di fuori della famiglia tradizionale. Lì la dimensione del vivere sociale è completamente sottomessa alle prescrizioni del Corano. La Chiesa invece gioca in difesa, vuole conciliare fede e ragione, è costretta a rincorrere e a prendere posizione a trasformazioni sociali avvenute, con il rischio di apparire sempre in ritardo per testimoniare quello che dovrebbe essere e non è. Ora interviene in maniera insistente e persistente, come è suo diritto, sui temi della vita e della famiglia, si oppone al riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, suscita un ovvio riflesso anticlericale in coloro che ritengono spetti allo Stato l"ultima parola sulla legislazione che intende darsi. Per coniugare fede e ragione quanto deve essere riservato alla politica e quanto alla religione? E" un dilemma e una contraddizione che la Chiesa si porta dietro da secoli e solo la sua saggezza millenaria le ha consentito di adattarsi ai tempi senza perdere forza intrinseca. Appare sempre più difficile parlare di valori immutabili da conservare e perseguire in un contesto consumista che esclude ideologie e religioni, a fronte dei continui ed imprevisti cambiamenti ed alla precarietà crescente di situazioni e di persone. La Chiesa lo sa e pone i suoi argini, sa di avere ancora in Italia un"influenza di lunga data e ora fa di tutto per condizionarne la legislazione in tema di famiglia e di matrimonio.
Eppure la scelta, a seguito del recente progetto governativo sui “Dico”, tra patto di convivenza, matrimonio civile e matrimonio religioso sembra più un accrescimento della potestà di scelta dei singoli e della coppia che non un vulnus inferto alla famiglia. Perchè dunque opporvisi in linea di principio? In qualche modo questo progetto di legge che dovrà comunque passare al vaglio parlamentare appare una rincorsa dello Stato a regolare cambiamenti e consuetudini già in atto se è vero che negli ultimi anni le convivenze sono enormemente aumentate a discapito dei matrimoni. Non ci vuol molto a capire quanto ciò sia dovuto in gran parte, oltre ai costumi cambiati, alle nuove precarietà della vita che devono affrontare le giovani coppie incerte persino sulla durata e qualità del loro lavoro. Invece di prendere atto e di correggere le eventuali conseguenze distorsive di tale evoluzione ci facciamo sviare da un dibattito dai risvolti ideologici sul significato della famiglia oggi, sulla famiglia di serie A e di serie B, sul concetto di famiglia tradizionale sempre valida o invece superata dai tempi. Il problema di fondo resta quello squisitamente laico di come aiutare la famiglia in sé, di come invertire la tendenza alla bassa natalità che ad alcuni fa presagire tra qualche decennio un"Italia destinata a perdere la sua identità fondante. E" questa la vera crisi a cui bisogna porre riparo, al di là dell""interventismo conservatore di papa Ratzinger in difesa dei valori tradizionali della famiglia. Gli schieramenti strumentali pro o contro la Chiesa servono a poco o a nulla se poi lo Stato non è all"altezza di individuare i veri problemi da risolvere nel quadro dell"equilibrio sociale complessivo.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.