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Partiti politici? Sono solo contenitori

Pd: Le liste con amici e collaboratori

Restituire libertà e dignità alla politica. Ecco la missione della prossima legislatura

di Davide Giacalone - 07 marzo 2008

“Mancano solo gli autisti e le badanti”. Così Macaluso ha infilzato le liste del Partito democratico. Ma se le liste si riempiono di collaboratori ed amici personali, se si mettono a capeggiarle fanciulle che candidamente affermano d’essersi distinte parlando ai funerali del proprio padre, una ragione c’è e va compresa. I partiti politici non sono più partiti, ma contenitori entro i quali si cerca di raccogliere i consensi che il capo riesce a calamitare.

I gruppi dirigenti sono la somma di persone e storie diverse, senza una politica comune, ma con il comune bisogno di trovare un tetto sotto cui svernare. I capi non sono quelli che prevalgono perché portatori di un’idea condivisa (dal corpo del partito, dal mondo e dagli interessi che lo circondano), ma personalità che si affermano per esaurimento delle precedenti, o permanenti per mancanza di ricambio.

L’insieme di queste debolezze ha la forza di scegliere chi sarà eletto in Parlamento e, ragionando nella logica dell’autoconservazione, non solo non avverte il bisogno di aprire le porte, ma cerca di serrare anche le finestre, mandando avanti famigli e familiari. Non ero un estimatore del sistema delle preferenze e ritenevo falsa la retorica secondo la quale consentivano all’elettore di scegliere sia il partito che l’eletto. In realtà le preferenze portavano con sé degenerazioni feudali e clientelari, con il capobastone raccomandatore sempre in grado di battere un candidato serio e conoscitore dei problemi. Le cose, insomma, stavano al contrario di quel che si raccontava: la società civile era spesso peggiore di quella politica.

Quel sistema, però, consentiva e richiedeva un continuo interscambio fra il palazzo e la piazza, e scaricava sui partiti la responsabilità di non chiudersi nel primo e non appiattirsi sulla seconda. Dopo l’abbattimento dei partiti e l’esaltazione della “gente”, ci si ritrova con un Parlamento dove mancano le badanti, ma non i maggiordomi. Un capolavoro.

L’uninominale sarebbe un buon punto d’equilibrio, ma richiede che il cittadino voti senza schiavitù ideologiche o armature per la guerra civile, altrimenti, per non far vincere gli “altri”, elegge non solo i cavalli, ma anche gli asini. Restituire libertà e dignità alla politica è, in fondo, la missione della prossima legislatura.

Pubblicato su Libero di venerdì 7 marzo

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