Patto atomico bipartisan preventivo
La crisi del gas sia un campanello d’allarme in Italia, priva di una politica energeticadi Enrico Cisnetto - 04 gennaio 2006
Naturalmente, la speranza è che abbia ragione Scajola, e che comunque l’Eni sappia gestire il dossier con la stessa saggezza mostrata fin qui – a proposito, in termini di comunicazione con i cittadini Scaroni batte governo 3 a 0 – in modo che le conseguenze siano limitate. Ma, in tutti i casi, sarebbe delittuoso se lasciassimo cadere il discorso che in qualche modo è stato avviato sulla nostra politica energetica, buttandoci alle spalle l’ennesima emergenza. L’Italia, si sa, è un paese che reagisce soltanto di fronte alla paura. E quella di rimanere col tubo del gas vuoto, che riscalda le case e alimenta le cucine di quasi tutte le famiglie italiane, è una di quelle preoccupazioni che fanno sicuramente breccia. Dunque, approfittiamo per dire alcune verità che finora la politica non ha detto e che il Paese non si è voluto sentir dire. La prima delle quali è che da quasi due decenni manchiamo di una qualunque strategia in campo energetico, con la conseguenza che siamo per la quasi totalità del nostro fabbisogno dipendenti dall’estero. Il che ci costa caro sia in termini di bilancia commerciale sia sotto il profilo del livello dei rischi di approvvigionamento che corriamo. D’altra parte, basta guardare la cruda realtà dei numeri: il petrolio, che copre circa la metà del fabbisogno energetico nazionale (il 44,7%), viene quasi totalmente importato, mentre sul gas facciamo affidamento per ben un terzo dei consumi (34%) e dipendiamo in via esclusiva dall’estero. Nel 2004 su 10,04 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio) di energia elettrica che abbiamo consumato, ne sono state importate 10,2 milioni.
Seconda verità, conseguenza della prima, è che l’Italia ha bisogno di una nuova politica energetica. Diversificazione delle fonti, conversione a carbone delle vecchie centrali, completamento degli impianti di rigassificazione e soprattutto sviluppo del nucleare (anche in partnership con i paesi dell’Est). Serve un progetto Paese, definito dal sistema politico nella considerazione che una strategia di lungo termine, come quella per l’energia, per definizione scavalca le singole legislature e dunque abbisogna di accordi da “grande coalizione”. Nel nostro caso, poi, non è pensabile che un piano energetico nazionale sia vincolato alle ambigue alternanze del nostro bipolarismo “pendolare”.
Ma, anche questa è una verità che va detta al Paese, un accordo bipartisan come quello “inventato” nella scelta del nuovo Governatore della Banca d’Italia è assai difficile, per non dire impossibile, generarlo. Il futuro del Paese, infatti, implica riflessioni che né centro-destra né centro-sinistra sono capaci di fare, tanto meno in questa fase elettorale. L’opposizione è vittima delle proprie contraddizioni interne, divisa tra chi auspicherebbe il nucleare e chi rifiuta persino l’energia eolica. Mentre il governo è colpevole di aver scoperto la questione energetica solo ora – dopo cinque anni di legislatura trascorsa in totale disinteresse verso la materia (chiedere a Eni ed Enel) – quando il rilancio del nucleare ha solo il sapore di una provocazione elettorale. Ma questo non significa che un “patto atomico” serio, i riformisti dei due poli non debbano provare a sottoscriverlo. Ora.
Pubblicato sul Messaggero, il 4 gennaio 2006
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Società Aperta è un movimento d’opinione, nato dall’iniziativa di un gruppo di cittadini, provenienti da esperienze professionali e politiche differenti, animati dalla comune preoccupazione per il progressivo declino dell’Italia, già dal lontano 2003, quando il declino dell’economia, almeno a noi, già era evidente come realtà acquisita. L’intento iniziale era evitare che il declino diventasse strutturale, trasformandosi in decadenza. Oltre a diverse soluzioni economiche, Società Aperta, fin dalla sua costituzione, è stata convinta che l’unico modo per fermare il declino sarebbe stato cominciare a ragionare, senza pregiudizi e logiche di appartenenza, sulle cause profonde della crisi economica italiana e sulle possibili vie d’uscita. Non soluzioni di destra o di sinistra, ma semplici soluzioni. Invece, il nostro Paese è rimasto politicamente paralizzato su un bipolarismo armato e pregiudizievole, che ha contribuito alla paralisi totale del sistema. Fin dal 2003 aspiravamo il superamento della fallimentare Seconda Repubblica, per approdare alla Terza, le cui regole vanno scritte aggiornando i contenuti della Carta Costituzionale e riformulando un patto sociale che reimmagini, modernizzandola, la costituzione materiale del Paese. Questo quotidiano online nasce come spin-off di Società Aperta, con lo scopo di raccogliere riflessioni, analisi e commenti propedeutici al salto di qualità necessario