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Questo proporzionale è un vero miglioramento?

Partitocrazia e pericolo di regime

Lo strapotere dei partiti non diminuirà senza una forte pressione dell’opinione pubblica

di Aldo Mariconda - 13 ottobre 2005

Il vigente sistema elettorale ha avuto senz’altro il merito di dare stabilità di governo, ma è opinione giustamente diffusa che non abbia consentito la migliore governabilità del Paese, causa le divisioni all’interno di ciascuna delle due coalizioni, fatte più per vincere che per prendere decisioni strategiche, soprattutto per lo sviluppo e la ripresa della competitività.
S’impone quindi senz’altro un cambiamento, purché tuttavia assicuri una migliore governabilità intesa come capacità di decidere.
Credo che un proporzionale con sbarramento alto possa risolvere il problema. Non un proporzionale qualsiasi e forse non quello proposto dalla coalizione di governo.
E’ difficile affrontare l’argomento rimanendo credibili e prescindendo da calcoli di convenienza per l’una o l’altra parte. E’ tuttavia altrettanto difficile non vedere quanto è stato rilevato più autorevolmente da Sabino Cassese, secondo il quale vi è un maggior pericolo di frammentazione all’interno delle coalizioni.
La proposta del centro-destra è nota: liste bloccate preparate dai partiti, con ripartizione dei seggi proporzionale. Le liste possono collegarsi ed avere un unico candidato alla Presidenza del Consiglio. La coalizione con maggior numero di voti ha un premio di maggioranza in termini di seggi. Vi sono poi due sbarramenti: uno al 4% per le liste isolate, un altro al 2% per quelle collegate.
Non sono in grado di pormi problemi di costituzionalità, che pure sembrano esistere. Mi pare critico il meccanismo che accentua le divisioni tra i partiti alleati perché, ha ragione Cassese, ognuno di essi è spinto a cercare voti per sé, innanzitutto nel bacino della coalizione di cui fa parte, se non altro per una evidente ragione di maggiore facilità. Così, la forza del singolo partito si ottiene in primis a scapito degli altri della stessa coalizione. In tal modo, aumenta il potere condizionante degli associati alla coalizione. L’effetto pratico è una maggiore difficoltà e capacità di decidere, sia in termini di qualità che di tempestività.
E’ di questo geniale sistema che l’Italia ha bisogno per uscire dalla presente stagnazione? L’unico effetto reale che mi appare evidente è il consolidamento del potere dei partiti, o meglio, dei segretari e di una piccola élite al vertice dei partiti. Già col maggioritario attuale la scelta dei candidati è fatta da pochi intimi, attenti a conciliare equilibri di coalizione, rielezione di personaggi inamovibili o di portaborse fedeli. Col nuovo sistema l’elezione si ha solo in ordine di lista. Il cittadino non interviene né nella scelta dei candidati, né con la preferenza, che certamente ha dei limiti in quanto usata anche in passato da gruppi organizzati, non sempre attenti agli interessi superiori del Paese, data l’incidenza statistica superiore al Sud rispetto al Nord (cosa che fa sospettare), ma è pur sempre un sistema più democratico e che assicura una selezione della classe politica non soltanto per cooptazione dall’interno del sistema.
Lo strapotere dei partiti è certamente una caratteristica del nostro paese, ma è anche un limite alla democrazia, non solo quanto alla selezione della classe dirigente. Esso ha come conseguenza l’occupazione, non solo la gestione del potere, a cominciare dai mass media e in particolare dalla TV pubblica che da sempre è stata lottizzata. Mi ha fatto persino impressione il film di Sabrina Guzzanti, Viva Zapatero, che denuncia come in Italia non sia ammessa la satira in TV. La TV non è mai stata così in mano al potere come ora, con un capo del governo che di fatto controlla la maggioranza dei canali importanti, ma ha avuto in passato eccessi di controllo e presenza opposte della sinistra. Bisognerebbe fare come in Spagna, appunto con Zapatero, che ha inteso sottrarre il dominio della TV di Stato alla maggioranza di volta in volta eletta, quindi su modelli tipo BBC, non RAI.
Ma, è possibile che il sistema attuale partorisca riforme di questo tipo, senza il suicidio di se stesso?
Ci vorrebbe una forte pressione dell’opinione pubblica, difficile in Italia dove le classifiche sulla libertà di stampa fatte da Freedom of Press 2005 ci collocano al 79° posto, dopo Bolivia e Bulgaria e prima della Mongolia, mentre al 1° posto vi è la Finlandia, al 3° la Svezia, al 4° e 5° Danimarca e Norvegia, comunque con tutti i nostri partner europei ben più in testa di noi, con al punto più basso la Grecia al 61° posto.

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