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La squadra di governo

Partiti, partitini e amazzoni: tutti insieme sotto il segno delle larghe intese

Molto probabilmente il contributo delle personalità di governo sarà più utile a giornali e salotti televisivi piuttosto che al Paese.

di Marco Dipaola - 03 maggio 2013

Adesso il Governo Letta può dirsi completo. La nomina di vice ministri e sottosegretari ha chiuso l’appassionante fase delle poltrone e ha aperto quella, ben più importante, del lavoro e del fare, o forse ne rappresenta il primo freno. Partendo dal presupposto che nessuno è rimasto sorpreso dalla quantità di nomine effettuate (ben 40), non si può far finta di non vedere una raffinata spartizione di poltrone in pieno stile Prima Repubblica.

Certo un governo composto da parti politiche tradizionalmente avversarie si regge proprio sulla soddisfazione di tutti i componenti, e questa è di sicuro facilitata dall’attribuzione di ruoli di rilievo. Però forse si è esagerato. Correnti, fazioni, partiti, partitini, amazzoni: tutti presenti sotto il segno delle larghe intese. E allora si arriva al paradosso che il ministero degli esteri abbia bisogno di ben tre vice ministri e che il MIR, prestigioso movimento capeggiato dal politico più amato dai centri anziani, Giampiero Samorì, riesca a far diventare sottosegretario un giovane sindaco di una cittadina trentina di 415 anime, dicasi 415. Nell’era dell’elogio degli amministratori locali, il rischio che anche quelli di condominio richiederanno, tra poco, la loro fetta di poltrona.

Poi ci sono i casi prettamente politici, come quello del ministero dell’economia, dove il superministro Saccomanni verrà tallonato da due vice che hanno visioni economiche opposte tra loro: Stefano Fassina – esponente di spicco dell’ala più a sinistra del Pd e vicinissimo alla Cgil – e Luigi Casero, ex repubblicano di chiara matrice berlusconiana. Per non parlare dei paradossi Miccichè, ricompensato anche stavolta per qualche migliaio di voti in Sicilia e Roberta Pinotti, il cui trasloco dal Pd a Scelta Civica ha garantito una ruolo da sottosegretario alla Difesa.

Che Enrico Letta dovesse accontentare tutti era risaputo e, forse, inevitabile, ma certi nomi stridono totalmente con i tentativo, ben riuscito, di allestire una compagine governativa all’insegna dell’alternanza fra esperienza e gioventù, competenza tecnica e abilità politica.

Il peso dei nuovi componenti dell’esecutivo è tutto da valutare. Molto probabilmente il loro contributo sarà più utile a giornali e salotti televisivi piuttosto che al Paese.

Sforziamoci di concludere con una nota positiva: la Lega è all’opposizione, almeno Borghezio sottosegretario all’integrazione ce lo siamo risparmiati.

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