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Calderoli ha sbagliato: rispetto per i ruoli

Papa laico e libertà d’espressione

Ratzinger difende i simboli di tutte le religioni. Ma ognuno deve poter dire ciò che pensa

di Davide Giacalone - 21 febbraio 2006

Le religioni si rispettino a vicenda, tutti abbiano riguardo nei confronti di ogni simbolo religioso. Sono parole di Joseph Ratzinger. Qualche tempo fa, neanche troppo, sarebbero state impensabili, blasfeme, incarnazione stessa del male: ora sono possibili, perché abbiamo vinto noi, hanno vinto i laici.

L’idea che la comunità civile, lo Stato, sia cosa “altra” rispetto alle religioni, che sia un contenitore ove è garantita la libertà di tutti, benché diversi ed opposti fra loro, con particolare riguardo alla difesa dei diritti delle minoranze, è l’essenza stessa della laicità. Contro quest’idea dello Stato la chiesa cattolica ha condotto una lunga battaglia, ancora in corso al sorgere della Repubblica. Oggi le parole di Ratzinger sono accolte come sagge (e lo sono), dai più distratti come ovvie (e non lo sono), ma se ne spreca il significato se si trascura la loro origine.

Detto questo rimane un problema, che ci riporta a Roberto Calderoli. Ho usato parole piuttosto dure per condannare il suo gesto televisivo, del tutto incompatibile con la funzione di ministro. Ma questo non significa mica che il deputato Calderoli, il cittadino Calderoli non può dire quel che pensa, che io od altri lo si condivida o meno. Nello specifico, Calderoli aveva stampato sulla maglietta una delle vignette danesi che avevano suscitato la reazione folle ed omicida del fondamentalismo islamico. Ed io difendo il diritto a pubblicare e ripubblicare quelle vignette. Difendo quel diritto e difendo Calderoli, con tanta maggiore forza quanto grande è la distanza fra quel io penso e quel che lui dice.

Qualcuno sostiene che quei comportamenti vanno condannati (addirittura in tribunale) perché mettono a rischio l’Italia. Roba da matti: il nostro è un mondo libero e tale intende restare, non conosco rischio maggiore del perdere la libertà. Ma, si osserva, quelle vignette offendono dei simboli religiosi. Quando questo capita vuol dire che si tratta di roba di cattivo gusto, ma il cattivo gusto è il prezzo che paghiamo alla libertà. Ci manca solo che alcuni simboli religiosi possano essere oggetto d’ironia, perché le comunità che vi si riconoscono non reagiscono forsennatamente, mentre altri devono considerarsi intoccabili, altrimenti i seguaci cominciano ad ammazzare. Se cedessimo ad un simile ricatto ti saluto lo Stato laico. Il cattivo gusto si colpisce con l’esecrazione, non con le sentenze.

Non si tratta, nella maniera più assoluta, di rispondere “colpo su colpo”, ma di intensificare gli sforzi per rendere più visibile e forte quella vasta umanità che vive nei Paesi musulmani e che rifugge dalla violenza, non pensa le donne debbano essere sottomesse e gli omosessuali messi a morte, che giudica offensivo e blasfemo l’accostamento fra i simboli dell’islam e la pratica di guerra e di morte. La grande sfida è quella di tirar dentro la ricchezza della laicità anche quel mondo. Per farlo occorre mostrarsi fermissimi contro ogni inciviltà, ricordando che dopo ogni cedimento sono i nostri amici ad essere passati per le armi e ad essere rinchiusi nelle galere.

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