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Public Policy

Il risultato tedesco

Opportunità europea

La Germania ha scelto la continuità. Al resto dell'Europa, invece, serve discontinuità politica e culturale

di Davide Giacalone - 24 settembre 2013

Il dato positivo delle elezioni tedesche è che si sono fatte e non si deve più attenderle. Il risultato inatteso non è la vittoria di Angela Merkel, ma la sconfitta di Afd: l’ingresso in Parlamento degli anti-euro, un misto fritto di destra con paranza grillesca e totani dipietreschi, minacciava sfracelli e ha messo paura ai grossi. Ma non c’è stato. La pubblicistica parla volentieri di pirati e populisti vari, ma i tedeschi hanno badato alla sostanza e alla continuità. Ciò comporta il tramonto di ogni velleità relativa a diversa politica della moneta, ma apre una possibilità positiva relativa alle istituzioni europee.

Una volta costituito il nuovo governo tedesco si chiuderà la parentesi temporale apertasi con l’intervento anti-speculativo della Banca centrale europea. A quel punto saremo a poche settimane dall’anno in cui scattano i vincoli del fiscal compact. Dovremo essere capaci di far valere tuti i nostri punti di forza, che non sono pochi, perché su quelli di debolezza, che non sono piccoli, nessuno ci farà sconti. Al tempo stesso, però, il governo tedesco ha molte volte ripetuto che la maggiore integrazione fiscale non può che essere frutto e seguito della maggiore integrazione istituzionale. Va preso in parola. Il prossimo semestre la Ue sarà a presidenza greca. Il semestre successivo spetta all’Italia. Se questi paesi non si sono dimessi da sé stessi, se hanno ancora a cuore i propri interessi nazionali, dovranno essere due presidenze coordinate e in continuità, fortemente indirizzate verso l’integrazione istituzionale. Anche con modifica (già originariamente prevista) dei trattati.

C’è da usarsi l’arma della coerenza fra le dichiarazioni e i fatti, cui la Merkel richiama sempre gli altri, come anche la volontà dell’elettorato tedesco, che non s’è rivoltato contro l’Unione europea. C’è da usarsi anche la partita dell’Unione bancaria, dove i tedeschi hanno difficoltà e dove la loro difesa degli interessi nazionali suona stonata con la coerenza europea. Ci sono tasti che possono essere battuti, insomma, affinché la sinfonia non sia esclusivamente tedescocentrica. Sarebbe sciocco, invece, chiedere lassismo finanziario per conservare l’esistente. Una pretesa non solo debolissima, ma sbagliata. Semmai sforamenti al deficit possono essere presentati come necessari è perché si vanno compiendo le riforme del mercato che la stessa Germania fece in deficit. Della serie: non può essere negato agli uni quel che fu consentito ad altri.

Il rapporto fra lo sviluppo e i vincoli europei non è necessariamente negativo, o negante l’uno degli altri. Ma occorre che noi s’impari a considerare l’Unione non come altro da sé, ma come l’ambito in cui i nostri diritti sono pari a quelli degli altri. Occorre avere una politica europea, fin qui mancata. E occorre smetterla di considerare la Commissione come il vincolo esterno che rende capaci i governi di fare il contrario di quel che dicono di volere fare.

Le elezioni tedesche segnano una continuità. Per poterne cogliere i lati positivi c’è bisogno di discontinuità politica, e culturale, dalle altre parti. Le condizioni ci sono, gli strumenti pure. E’ una prova d’appello per quel che resta della nostra classe dirigente.

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