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L'intervento armato in Siria

Obama-Putin: la battaglia della credibilità

È gelo fra Usa e Russia sulla vicenda siriana. In ballo c'è il loro prestigio internazionale

di Flavio Pasotti - 09 settembre 2013

Sfugge il vero motivo che spinge Obama ad intervenire in Siria, rischiando di favorire gli integralisti islamici? Per i buonisti i motivi sono i gas, per chi pensa male c’entrerebbe l’economia Usa bisognosa di una guerra ogni tot anni. Ma il vero motivo sfugge solo apparentemente. A ben riflettere, infatti, il problema è assolutamente politico e per una volta non legato al petrolio. Obama dichiarò un anno fa che la red line era l’uso di armi chimiche. Nella politica di disimpegno che la amministrazione stava perseguendo, e che in Libia si era tradotta nel non mettere nessun uomo a terra (eccetto il povero ambasciatore), l"idea della red line era il paravento dietro cui defilarsi. Si era ragionevolmente sicuri che la Russia avrebbe esercitato un controllo, che Israele fosse contraria alla defenestrazione di Assad, che gli iraniani avrebbero messo a disposizione forze adeguate per non richiedere l"intervento del chimico.

Non è andata così perché come dimostra il caso Saddam, dal quale non abbiamo imparato nulla, il chimico è usato soprattutto contro i nemici interni. Non era vero che Saddam non aveva wmd, e c’erano prove che le avesse usate sui curdi. Saddam apparteneva ad una tribù minoritaria come Assad (ambedue partito Baath). In Siria si è cominciato con piccole chimiche homemade, l’equivalente delle bombe a mano. Gli americani hanno fatto finta di non sentire la puzza. Incoraggiati dal silenzio e certi del non intervento (e della copertura russa) ribelli e lealisti sono andati avanti a gasarsi sino all’errore del comandante della 155 brigata che ha gasato Ghouta con eccesso di zelo tale che neanche l’Onu ha potuto sottrarsi.

Qui lo scontro si sposta su un altro piano, quello della credibilità dei due sponsor: Obama deve mostrare ai sauditi e a Israele che è ancora pronto a difenderli. Putin deve dimostrare che non ci sarà una seconda Libia e che la Russia è ancora una grande potenza in grado di tutelare i suoi alleati. Putin e Obama sono trascinati in una battaglia di credibilità. E sono costretti a giocarla con strumenti opposti. Putin sta inviando davanti alla Siria tutto quello che galleggia nella disastrata marina russa e invierà certamente sistemi di difesa aerea avanzati facendo andare in fibrillazione Israele. Obama manda il minimo indispensabile, missili che non cambiano la bilancia delle forza in campo siriano. L’Iran strilla, perchè i danni sono suoi.

Il problema non è perchè farlo, ma come riuscire a non farlo: il Papa lo ha capito e ci si è messo di mezzo. Con la sua “doppiezza”: logica gesuitica e stile francescano. Davanti a Siria e Libano ormai si cammina sulle acque saltellando di cassero in cassero: 5 navi usa e 4 sottomarini; quattro navi francesi; due navi italiane di classe equivalente; 6 navi inglesi e un sottomarino; 6 navi cinesi compresa una da sbarco (sì, avete capito bene!); 13 navi russe e forse due sottomarini. Non citiamo le navi turche, israeliane, greche e egiziane lì per mandato. Situazione rischiosa, se a terra fanno casino.....

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