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L'editoriale di TerzaRepubblica

Non vi siete stancati del bipolarismo fallimentare?

La parabola discendente di Monti insegna. Per far il grande centro non basta essere terzi, ma bisogna essere "avulsi"

18 ottobre 2013

In Italia la disdicevole abitudine di sparare sulla Croce Rossa è sport troppo diffuso perché degli anticonformisti come noi di TerzaRepubblica possano praticarlo. In questo caso la Croce Rossa è Mario Monti, cui non abbiamo mai lesinato critiche quando era potente e osannato, e che oggi non merita l’esposizione al pubblico ludibrio cui è sottoposto. Certo, le sue dimissioni da Scelta Civica sono clamorose, e coronano il fallimento di un disegno politico. Ma questo non vuol dire che quel disegno fosse sbagliato, né che Monti non possa e non debba ancora essere considerato – nel vuoto pneumatico che caratterizza la nostra classe politica – una risorsa per il Paese. Dunque, più che intonare il de profundis politico a Monti – come molti maramaldi stanno facendo in queste ore e avevano già fatto l’indomani delle elezioni, gli stessi che si spellavano le mani ai tempi della “sobrietà” che faceva chic contrapporre all"ostentazione berlusconiana – a noi interessa capire se esiste ancora uno spazio al centro dello schieramento politico ed eventualmente come sia possibile occuparlo.

Molti vecchi assertori della necessità che il bipolarismo all"italiana venisse accantonato, hanno ripiegato le loro bandiere. Il risultato deludente di Scelta Civica e dell’Udc alle elezioni, lo spegnersi del carisma dell’ex presidente della Bocconi, e – paradossalmente – l’affermarsi di grandi coalizioni (governi Monti e Letta), sono tutti elementi che, messi insieme, li hanno convinti che al bipolarismo non c’è alternativa. È la tesi di Giuliano Ferrara, ma anche di intellettuali che finora si erano rivolti, per la legge elettorale piuttosto che per l’architettura istituzionale, all"esperienza tedesca. Noi capiamo le ragioni di questa valutazione, ma non ne condividiamo la conseguenza che se ne tira. Monti non ha interpretato al meglio questo disegno, ma ciò non vuol dire che si debba considerare chiusa quella partita. Anche perché le maggioranze larghe continueranno ad essere una necessità, sia per l’enormità dei problemi da risolvere, che richiedono convergenza di forze e consensi, sia per lo scarso appeal elettorale di Pd e Pdl. Ma c’è un motivo ancora più cogente che ci fa ritenere non conclusa l’opportunità di un centro politico forte: la necessità di superare gli attuali assetti dei due poli, e in particolare Pd e Pdl.

Soggetti a forte tendenza implosiva, ma che un aggregazione al centro indurrebbe a far crollare più velocemente, inducendo riaggregazioni su basi diverse dalla vecchia dicotomia “berlusconiani-antiberlusconiani” che tanti guai ha prodotto. Per esempio, se il ministro Mauro e Casini incrociano Alfano e le colombe governative del Pdl, sarà positivo se ciò favorirà la definitiva separazione da Berlusconi e i falchi, ma sarà ancor più un successo se quell’aggregazione sarà capace di attrarre anche la parte moderata del Pd capitanata da Letta. Non è un caso, infatti, che un disaggregatore per eccellenza come Renzi, fino a ieri per definizione nemico del bipolarismo, oggi difenda a spada tratta lo schema contrappositivo: ha deciso, a nostro avviso sbagliando, di giocare tutte le sue carte nella corsa alla segreteria del Pd, e non può più recitare il ruolo del rottamatore del suo partito e del sistema politico (con ciò perdendo una parte rilevante della simpatia che aveva suscitato negli elettori di centro-destra).

In realtà, a ben pensarci, la storia politica di Monti e Renzi è perfettamente parallela: entrambi potevano sparigliare l’intero sistema politico, ed entrambi hanno fallito in questo intento per mancanza di coraggio. Il primo per non aver avuto il coraggio, da premier, di proseguire sulla strada delle riforme strutturali imboccata con l’intervento radicale sulle pensioni, e poi per non essersi liberato del privilegio di essere senatore a vita, per mettersi in prima persona a capo di una coalizione che avrebbe dovuto rompere Pd (in parte) e Pdl (soprattutto) con una campagna basata sui risultati che avrebbe dovuto ottenere il suo governo. Il secondo, per non avere avuto il coraggio di uscire dal Pd quando alle primarie era stato ammesso Vendola, per fondare un soggetto politico nuovo, né di destra né di sinistra, che poteva puntare al “grande spariglio”. Così non è stato per entrambi, e ora le mancate scelte presentano il conto.

Ma queste due storie parallele e molto più vicine di quanto non si pensi, ci dicono che ad essere sbagliato non è il disegno, ma il comportamento dei potenziali suoi protagonisti. L’importante è capire, però, che il tema non può semplicemente esaurirsi nello stare al centro rifiutando di schierarsi con entrambi i poli, bensì quello di costruire un soggetto politico completamente nuovo, capace di proporre agli italiani – costruttivamente e non in modo populistico e dilettantesco come Grillo e suoi emuli – uno schema di gioco politico completamente diverso dall"attuale. Insomma, in questa fase non basta essere terzi, occorre essere “avulsi”. Questa è la vera scommessa di chi vuole davvero rinnovare la politica italiana e costruire una nuova classe dirigente per il futuro.

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